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PASTAiola, primi e pasta fatta in casa

Gnocchi di amido (da lavorazione del seitan)

No.. non si parte da questo bel panetto di seitan fumante per fare i nostri gnocchi, ma tutto deriva da lui..



Si, perché nel fare il seitan si può recuperare molto amido, ed è peccato non utilizzarlo..
Ci si possono fare anche delle crocchette, ma io ho preferito cimentarmi negli gnocchi, come da input imparato dalla Regina del Sapone

Qui, il piatto finito con sughetto alle zucchine, pomodorini e parmigiano.

Questa la mia versione e gli ingredienti che ho utilizzato:
1200 grammi di pasta di amido
2 uova
200 g crusca fine di frumento
100 g farina tipo 0 (+ 50 g per lo spolvero)
poco sale

Procedimento
Per fare il seitan, questa volta non ho manipolato la palla sotto il filo d’acqua del rubinetto, ma ho utilizzato inizialmente due grandi terrine, 1 di acqua calda e 1 di acqua fredda.
Chiaramente quando sono andata avanti con la lavorazione, ho cambiato l’acqua nelle pentole, ma la prima – la più densa – l’ho recuperata, versandola tutta in un unico pentolone abbastanza largo.


Ho lasciato depositare l’amido sul fondo del pentolone.
Dopo un’oretta ho gettato via l’acqua più in superficie e ho messo il resto in una leccarda da forno, fino a formare uno spessore di 3 cm. circa.
Ho dato una mescolata delicata e ho infornato a 150°C statico per 1 ora circa, avendo l’accortezza di far fuoriuscire di tanto in tanto un po’ di umidità, lasciando lo sportello a fessura (con una paletta di legno o altro).

Una volta sfornata, ho fatto freddare la lastra gelatinosa che si era formata, e l’ho amalgamata nel bimby, ma potrete usare una planetaria o le mani.. come volete.

Ho aggiunto le due uova (la quantità era molta, altrimenti 1 uovo va bene), le farine, il sale e ho amalgamato bene.

.. e infine ho formato gli gnocchi in maniera classica, formando i cordoncini di pasta e spolverando la tavola di farina.

Ho usato la rigagnocchi, ma potete lasciarli lisci o usare i rebbi di una forchetta per lasciare i classici solchi che servono – oltre che per l’estetica – anche a far raccogliere meglio il sugo.
Sono molto neutri, quindi consiglio un sughetto deciso.. o anche provarli aggiungendo della polvere di spinaci se volete dare un po’ di colore/sapore 🙂

Fonte 27.III.2013

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DOLCI

Spumone al latte (e al caffè) dukan-style

Attirata dallo spumone al caffè fatto nel bimby in maniera convenzionale, ho voluto cimentarmi in questa versione al latte, “light”!

Ancora bimby quindi, anche per questo spumone adatto in periodi di dieta Dukan e non solo!

Ingredienti (per 6 coppette da circa 70 g l’una)
liquidi e congelati:
300 g latte scremato 0,1% mg congelato (18 cubetti) – 102 cal. – 34cal/100g
100 g latte scremato liquido freddo – 34 cal. – 34/100
3-4 g (1cc – cucchiaino da caffè) estratto vaniglia liquido freddo a base di vodka – 80 cal. – 240/10 cl
polveri (possibilmente fredde di frigo):
12-15 g latte scremato in polvere (1 cm – cucchiaio da minestra) – 50 cal. – 351/100
12-15 g maizena (1 cm) – 50 cal. – 351/100
4-5 g gomma di guar (1 cc) – 1 cal. – 19/100
12 micro-misurini stevia pura Stevialia (assaggiare) – cal. 0
1 pizzichino sale rosa a velo – cal. 0
qui, per capire le dimensioni

due cucchiaini da caffè (io ho usato il grandino per l’estratto e il piccolo per la gomma di guar; il microdosatore invece è per la stevia pura (Stevialia)
In un barattolino ho versato tutte le polveri;
ho aggiunto gradualmente i 100 g di latte freddo***
ho mescolato e messo in frigo coperto per un’oretta (ogni tanto andavo a rimescolare per bene)

15-20 minuti prima della breve lavorazione, ho messo in freezer il boccale del bimby
(il turbo del bimby è fenomenale; naturalmente si può comunque provare con un minipimer o frullatore o altro robot).
Una volta ben freddo il boccale, ci ho versato i cubetti di latte ghiacciato e avviato gradualmente per arrivare a vel. 10 (turbo).
Dopo qualche secondo ho stoppato, raccolto con una spatola verso le pareti, e avviato di nuovo.

Ho fermato di nuovo, ho versato dal foro il liquido del barattolino (ormai diventato cremosissimo: l’addensante aveva fatto il suo lavoro; non preoccuparsi se c’è rimasto qualche grumetto, con il turbo scompare tutto) e ho riavviato arrivando di nuovo gradualmente ad alta velocità, sempre senza farfalla (non volevo che si gonfiasse oltremodo, altrimenti poi sembra di mangiare bolle di aria..).

A ripetizione, ma velocemente, sono arrivata a questa cremosità!!

Ho riempito le mie 6 coppette, le ho coperte e ho messo in freezer.

Conclusioni
Mangiato dopo 30 minuti circa, ancora sofficissimo, ma sconsiglio di congelare per più tempo!

*** Per gustare solo un paio di coppette per volta potrebbe essere interessante in questa fase della lavorazione scaldare i 100 g di latte, amalgamarlo bene con le polveri; poi una volta freddato questo composto, mescolarlo ai restanti 300 g di latte e congelare tutto insieme, sempre in cubetti

Alternativa al gusto caffè: sostituire 30 grammi dei liquidi totali con altrettanto caffè dello studente multiplo..
Fonte 20.VII.2013

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LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Caffè dello studente … multiplo

Caffè dello studente o caffè sul caffè, come lo chiama una mia amica.
Questa, che sembrava una ricetta che dovesse restare conservata gelosamente nelle cucine di qualche paesino dell’entroterra abruzzese, dove l’ho scoperta per la prima volta, e per la quale mi avevano chiesto di non divulgare il segreto, non è altro che il famigerato caffè dello studente ….
Mi sento quindi libera di “spiattellare” il “segreto” 🙂 e qualora non conosceste ancora questo sistema, è presto fatto.
Il procedimento è facilissimo, ma un po’ lungo e richiede molto caffè (si fa con la, anzi le, caffettiere moka).
Ingredienti:
1 pacchetto di caffè da 250 grammi

Attrezzatura:
2 caffettiere moka (io ne ho usata una da 12 e una da 6. Visto però che una volta fatto, ne basta veramente poco e che si consuma veramente tanto caffè in polvere, vi consiglio di partire con moka più piccole: esempio da 6 e da 3, oppure da 3 e da 1)

Procedimento:
Ho fatto così:

  • I volta – ho caricato una moka da 12 tazze

  • una volta uscito il caffè l’ho versato in un pentolino

  • II volta – invece dell’acqua, questa volta ho caricato la base della mokona da 12 con il caffè che avevo messo da parte

  • III volta – ancora nella moka da 12, ma comincia a ridursi il quantitativo di liquido, quindi per la volta successiva userò la moka da 6 tazze
  • IV volta – utilizzo quasi tutto il caffè uscito della mokona e comincio ad usare la moka da 6 (avanza un po’ di caffè: lo userò in seguito per i cappuccini della mattina)
  • V e ultima volta – sempre moka da 6 – avrei anche continuato, per farlo ancora più ristretto, ma….


… per questa volta non ho voluto continuare, ma volendo si può ripetere l’operazione per 8-10 volte (così mi ha assicurato la mia amica sul modo adottato dalle anziane del suo paesino)… insomma si può continuare fino a che il caffè viene pescato dal filtro, oppure cambiando di nuovo moka, utilizzandone una più piccola.
Da questa tornata ho ricavato 210 grammi di liquido denso e nero
Se dovesse avanzare, per conservarlo ho pensato di congelarlo con le bustine formaghiaccio, così:

Utilizzi:

  • qui una mia idea, per un gelato al caffè superlight!
  • per i gelati (in alternativa al caffè solubile, che non a tutti piace, e ne serve pochissimo per dare sapore senza aumentare di troppo i liquidi)
  • per il tiramisù
  • per le torte, biscotti, ecc.
  • per le creme al burro (mai fatte, ma la mia amica brava in pasticceria, lo usa prevalentemente per quelle: ne serve poco ed extra-forte, questo è il segreto)
  • naturalmente il caffè che dovesse restare per non essere entrato tutto durante il trasferimento alla moka più piccola, si potrà utilizzare con parsimonia per pochi giorni nei vostri cappuccini (vi consiglio però di zuccherarlo e metterlo in frigo, per evitare che inacidisca)
  • oltre che, naturalmente, prenderne un goccino prima di un esame universitario (ma attenzione, troppa caffeina è come una potente droga.. mai unirlo ad alcolici, ecc.)
  • senza contare che coi fondi che restano potrete fare moltissime cose… date un’occhiata qui

Fonte 22.VII.2013

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DOLCI

Spumone al caffè


Ingredienti per due-tre coppette
50 gr di zucchero
15 gr di caffè solubile 
250 gr di latte intero congelato a cubetti
Procedimento nel bimby
Nel boccale asciutto e pulito (che avremo precedentemente messo in congelatore per una 20ina di minuti) polverizziamo zucchero e caffè
10 sec. vel turbo.
Aggiungiamo il latte a cubetti e mantechiamo
30 sec. vel 10 spatolando se necessario.
Introduciamo la farfalla e montiamo il nostro spumone
3 min. vel 4.
Spolverizziamo due coppe (meglio se refrigerate in precedenza) con del cacao in polvere (o del cioccolato fondente freddo grattugiato), versiamo lo spumone e spolveriamo nuovamente con il cacao.
Cook 30.VII.2011

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PASTAiola, primi e pasta fatta in casa SALSE, sughi, condimenti, erbe

Gnocchi di patate vitelotte ai funghi e frutti di bosco

Questa volta, grazie al Cucinare insieme di Francesca/Ipertesa di Cookaround, ho lanciato l’idea di un piatto viola, e queste patate, dette anche patate nere o patate tartufo (da non confondere con le patate viola che hanno solo la buccia di questo colore), grazie al loro colore e al vago sentore di castagna, mi hanno intrigato da subito.

Sembra che contengano antocianine (potenti antiossidanti).. tipo i frutti di bosco per intenderci, ma sono più economiche… oddio.. economiche proprio no!!.. ma sicuramente più di lamponi, ribes, mirtilli, ecc.
Sono originarie dell’America Meridionale (Perù – Cile), ma ormai largamente coltivate anche in Europa (Francia).
Mi sono messa pertanto alla ricerca, e ricordandomi di una frutteria particolarmente fornita vicino al mio ufficio (è difficile reperirle), ne ho trovate pochissime e ci ho fatto questi gnocchi inusuali, con una salsetta ancora più curiosa.. ma andiamo con ordine….

Ingredienti per 2 persone
Per gli gnocchi
425 g di patate vitelotte con la buccia (dopo le chips di patate aliene del C.I. mi era rimasta questa dose)
50 g di farina 0
1 tuorlo (di solito non lo metto negli gnocchi, ma queste patate non le avevo mai utilizzate, quindi….)
1 pizzico di sale

Cottura delle patate, sollevandole in un cestello, all’interno della pentola a pressione, per 16 minuti dal sibilo.
Schiacciate con tutta la buccia nello schiacciapatate (naturalmente la buccia resta nello schiacciapatate e si toglie di volta in volta…!!;-)
Ho fatto freddare e impastato un po’ per uniformare bene tutti gli ingredienti previsti.
Trovo che questo piatto sia molto più leggero degli gnocchi tradizionali, visto che contiene meno farina…
Ho constatato infatti che quello che si dice sull’assorbenza della patata vitelotte è esatto: questa patata assorbe pochissima farina e l’impasto si maneggia bene.


..un po di frutti di bosco che avevo nel congelatore (quando li ho congelati ho pensato che ci avrei fatto dolci o gelati!!! Eh!! Le sorprese della vita 🙂 )
… e ora passiamo alla seconda parte del piatto …. “antiossidante” … la salsa!!
Per la salsa
Non volendo coprire troppo il colore viola degli gnocchi, ma non volendo neanche limitarmi al classico pur se buono burro&salvia, ho trovato questa soluzione che ho leggermente modificato così:
2 cucchiai colmi di funghi porcini secchi bio spezzettati (circa 10-12 grammi)
100 grammi di frutti di bosco misti
1 spicchio di aglio
2 cucchiai di olio e.v.o.
2 cucchiai di vino rosso
prezzemolo
sale
peperoncino (o pepe)


foto fatte col flash :/


… e visto che queste patate mi piacciono, ho provato a piantarne un paio (tagliate in pezzi).
Sia mai che ne volesse nascere qualcuna 😉
Fonte 10.V.2013

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COSMETICANDO, casa e persona

Doccia all'avena

Non ho alcuna pretesa di trovare il nirvana della cosmetica ecosostenibile… mi voglio solo spalmare un po’ di quello che mi piace e che va bene per la mia pelle, in alternativa ai costosi e sicuramente meno salutari cosmetici in vendita nei super/farmacie/erboristerie/online, ecc.
Non si tratta di cucina, ma questa volta ho deciso per la versione golosa di un preparato a base di avena per la detersione della mia pelle secca (pur potendo provare altro – farina di riso, di soia, ecc. – questa farina dovrebbe essere la più indicata per me).
Ho estrapolato questo metodo dal forum di Promiseland e, vedete sotto il risultato – immerso nel mio basilichino greco…

Per la mia pelle secca e matura, l’ho fatto così:
– ho preso della farina di avena integrale che avevo (ma se la trovate raffinata è anche meglio per evitare che vi scrubbi troppo, se avete la pellaccia pareccho delicata o secca come la mia) – diciamo 4-5 cucchiai colmi
– ho aggiunto 1 cucchiaio di cacao amaro in polvere
– ho frullato tutto per bene per raffinare ulteriormente la farina integrale (col bimby)
– ho setacciato il tutto
– ho invasettato la parte più fine della setacciatura (il resto – meno raffinato – l’ho tenuto per me), ho aggiunto 4-5 chiodi di garofano per l’azione antibatterica che hanno, e ho chiuso ben bene il coperchio
– l’ho vestito a festa e lo regalerò ad un’amica..
Naturalmente l’ho fatto anche per me (il mio preparato sarà più scrubboso) … ma… manca qualcosa??????
Yesssssss: manca il liquido, cosa essenziale per potersi lavare con la pappetta che verrà fuori.
Visto che ho imparato che nei cosmetici, se c’è una base acquosa, c’è proliferazione batterica, a meno che non mettiamo conservanti, pur se ecocompatibili – e io non li uso ancora – meglio preparare la biodoccia al momento.
Quindi domattina preparerò la pappetta così:
– un’oretta prima di docciarmi, per dar modo all’avena di tirare fuori il suo lato migliore, prenderò l’equivalente di una tazzina di questa polvere (togliendo chiaramente i chiodi di garofano) e la mescolerò con del latte tiepido-caldo (o anche acqua)
– con questa pappetta mi impiastriccerò ben bene la pelle precedentemente bagnata, massaggiando, e poi la laverò via.

Ed ecco la pappa golosa:

Volendo fare le cose al meglio, potremmo spingerci a fine doccia, a riacidificare la pelle con un ultimo risciacquo mirato.. così:
ci prepariamo 1 litro di acqua minerale naturale (o di rubinetto se non troppo clorata), ci versiamo dentro 1 cucchiaio di aceto balsamico e una goccia di profumo..
Sembra garantito che l’odore di aceto sarà pressoché nullo.
L’acqua così preparata si conserva in frigo per pochi giorni.
Una variante .. sempre delicata (fate scegliere alla vostra pelle per questo… quello che piace a lei, dovrà stare bene a voi):
– un’oretta prima della doccia fare la pappetta di sola farina di avena usando acqua calda (anziché latte)
– prima di entrare nella doccia massaggiarsi con poco olio (mandorle o oliva o riso, ecc… )
– procedere quindi a docciarsi come sopra…
Variante per pelli grasse:
– provare un cucchiaio di argilla verde al posto del cacao.
ok.. ciao e buone docce…
Conclusioni del durante e dopo doccia:
– vi ricordo che per prima cosa potrete passare il pastrocchio anche sul viso: molto meglio di molti detergenti in commercio;
– preparatevi una “lavetta” (asciugamanino per lavarsi) o una spazzola morbida per distribuire la pappa anche dietro.. o la schiena resterà fuori dal massaggio;
– il piatto doccia diventa color cioccolata se non state attenti… ma con un attimo si sciacqua via il tutto (per ovviare la prossima volta potrei fare la base lavante senza cacao.. magari aggiungendo 1 cucchiaio di farina di soia, altrettanto grassa al pari del cacao.. all’incirca..);
– dopo l’asciugatura, la pelle del corpo stava benissimo… sul viso invece ho sentito leggerissimamente “tirare” .. non so se è un effetto buono.. nel senso che un po’ di tensione rassodante alla mia pellaccia non fa mica male, no?! Naturalmente ho subito messo il tonico (che ancora non mi sono mai fatta, ma proverò anche quello), e una cremina da giorno che hanno risolto all’istante…

*******

Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).
Fonte 09.VIII.2013

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COSMETICANDO, casa e persona

Cold cream

Caratteristiche di questa crema:
– fu la prima crema per la quale nel 300 d.C. si iniziarono a preparare delle simil-emulsioni con un po’ d’acqua (prima si facevano solo unguenti a base di olii, burri);
assenza totale di conservanti!
– è moto difficile che venga bene a meno che la si mescoli continuativamente fino a raffreddamento, anche un’oretta buona (con minipimer prima e con spatola poi).

Con quello che stavo imparando ne L’angolo di Lola e girovagando in rete, nel 2013 mi cimentai nella preparazione del mio primo cremotto classico: una cold cream.
Un must per chi comincia a spignattare.

Nella foto che segue, versione rosa, densa, del 2013

E’ risaputo (fra gli addetti ai lavori) che questo tipo di crema è molto unta, quindi è prevalentemente destinata a mani o piedi prima di andare a nanna – previi guantini di cotone.
Una cosa è certa: non si mantiene all’infinito, ma è naturalissima, perché la pochissima acqua contenuta non richiede uso di conservante!!!
Con queste percentuali originali di cold cream densa, visto che si conserva in frigo era troppo dura da prelevare:
60% olio
20% cera d’api
20% acqua di rose
Ho preferito allora prepararmi la cold crem fluida (quella verdina chiara nelle foto sotto).
Fornisco le dosi (relative a 85 grammi) trovate su L’angolo di Lola:
60% olio
5% cera d’api
20% acqua di rose
Per essere più razionali, ecco le stesse dosi, rielaborate da me, rispetto a 100:
70,59 Olii
5,88 Cera d’api
23,53 Acqua di rose senza conservanti
Restando nelle dosi indicate però, per la mia ricetta 2018, ho diminuito in minima parte e opportunamente gli olii e l’acqua, solo per quel tanto che mi permettesse di inserire alcuni ingredienti per provare a rendere meno untuosa la crema, migliorarne la stabilità e aggiungere qualche goccia di olii essenziali per “smorzare” l’odore non straordinario di questa naturalissima crema.
A1
70,20 olii (soia non ogm 30, vinaccioli 24,20, avocado 10, babassu 4, tocoferolo 2)
5,88 Cera d’api
0,20 Silica (miscelata bene in un po’ degli olii presi dal totale e poi scaldata insieme)
0,03 oleoresina di rosmarino (1 goccia)
A2
0,16 olii essenziali di pompelmo senza furocoumarine + lavanda (8 gocce) in un cucchiaino degli olii presi dal totale e aggiunti quando la temperatura della crema era intorno ai 35°C
B
20,03 Acqua di fiori d’arancia (quella alimentare, già conservata, per le pastiere)
2,50 glicerina
1 sale fino
In vasetti di vetro, separatamente, ho scaldato a bagnomaria la fase A1 e la B.

 Una volta sciolta tutta la fase A1 (subito sotto a 70°C), ho aspettato ancora un paio di minuti e poi, sempre nel bagnomaria, ho unito a filo la fase B intorno agli 80°C (ricordo che questa cold cream è una A/O, acqua in olio).
Ho frullato  ininterrottamente per più di un’ora con un minipimer, alternandolo dopo qualche minuto ad una spatola di silicone, per riportare sempre giù dalle pareti del vasetto, tutti i residui cerosi che intanto si formavano.
Una volta raffreddata a sufficienza l’emulsione (intorno ai 30-35°C), ho aggiunto la fase A2 (ricordo che è meglio non aggiungere altro ad emulsione raffreddata, pena la separazione della crema).
Ho continuato a frullare ancora un po’, fino a che il fluido si è raffreddato dolcemente (non forzare il raffreddamento, pena la mancata buona emulsione).

Una volta freddata l’emulsione, ho aspettato ancora un’ora circa dando di tanto in tanto una mescolatina e poi, dopo aver travasato la parte da usare, ho messo il resto in frigo.

Nelle condizioni ottimali potrebbe durare almeno un mese in frigo; se siamo fortunati anche di più.
Comunque meglio non conservare questa crema in ambienti con escursioni termiche continue (il bagno).
Io ho utilizzato l’acqua di fiori d’arancio alimentare conservata e ho lasciato “indietro” in frigo un piccolo batch di prodotto proprio per verificare.
P.S. del 25 maggio 2019
Da non credere:
non ho avuto il coraggio di riapplicarla perché non ho strumenti di laboratorio che testino lo stato di “salute” della crema, e quindi per sicurezza ho buttato via tutto, ma se è vero che è sufficiente che non ci siano muffe, né variazioni di colore, né di odore, né di consistenza, a distanza di un anno la crema ha solo avuto bisogno di una rimescolata per un leggero affioramento d’olio, ed è ridiventata perfetta e fluida. Click.

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Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).
Fonte 22.VIII.2013

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SALSE, sughi, condimenti, erbe

Basilico evergreen

In estate avete il balcone pieno di vasi di basilico, o ve ne hanno regalato in quantità e non sapete più che farci oltre al pesto alla genovese?

Se avete voglia di dedicargli un po’ di tempo, o se volete fare un regalino sempre gradito per l’inverno, o se non avete spazio nel congelatore, potete provare con questo sistema che ho scoperto tramite l'”evergreen” Bressanini:
– ho staccato ciascuna fogliolina dai rametti più grossi
– ho dato una lavatina veloce e delicata
– utilizzando l’interno della mia pastaiola (ma un cestello per cottura a vapore può andare bene), ho disposto le foglie asciutte in bell’ordine, anche sovrapponendole, ma delicatamente
– intanto che aspettavo che l’acqua bollisse, mi sono preparata un altro pentolone con dentro acqua gelata, qualche siberino lavato e qualche ghiaccetto
– arrivata il momento, non ho fatto altro che tuffare per nr. 3 secondi di numero il mio cestello pieno di foglioline, all’interno della pentola con l’acqua in ebollizione (non 1 o 5 secondi, ma sembra debbano proprio essere 3!)
– poi velocemente, stesso tuffo, ma nell’acqua gelata per altrettanti pochi secondi, ma qui non ho trovato indicazioni della tempistica
– infine pazientemente ho adagiato ciascuna foglia su cartacasa e ho lasciato essiccare il tutto all’aria per un po’, in un cestino con una rete (a questo punto, con lo stesso procedimento, ma senza farle essiccare, si potrebbero disporre le foglie in congelatore separando gli strati con cartaforno)

– non appena ho visto che le foglie tendevano ad arricciarsi, le ho appiattite delicatamente mettendoci sopra un altro foglio di scottex.

Sotto, il risultato del giorno dopo: a sinistra il basilico essiccato con questo sistema, a destra il basilico essiccato normalmente!

Valutate se volete perderci un po’ di tempo, il basilico secco è più profumato di quello essiccato normalmente, l’effetto è simpatico, i vasetti poco ingombranti, ma soprattutto non è richiesto spazio nel congelatore perché si può tenere il basilico in dispensa per tutto l’inverno!

Sempre da Bressanini:
siete disperate perché il pesto vi si annerisce subito, ma volete continuare a farlo nel frullatore?
Siate veloci nelle operazioni.
Fate tutto a freddo (contenitori, frullatori, bimby, basilico stesso ben asciugato e di frigo) e sommergetelo di olio subito prima della frullatura con gli ingredienti preferiti.
Aiuta anche mettere l’olio in freezer per una 20ina di minuti prima di usarlo.

22 agosto 2013

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COSMETICANDO, casa e persona

Gel di aloe

Questa volta, vorrei scrivere a proposito della mia esperienza con la preparazione di questo gel, un tuttofare a detta di molti, ma anche una “bolla” di marketing per altri…

 Nella foto, avanti l’aloe vera (utilizzata questa volta per il mio gel), e dietro l’aloe arborescens (ritenuta perfino più preziosa dell’aloe vera).

– dopo una decina di giorni che volutamente la mia aloe vera non era stata innaffiata, di sera, al crepuscolo (ho letto che la pianta va lavorata velocemente: l’aria e la luce la ossiderebbero in fretta), ho prelevato due foglie, incidendole alla base della pianta;
– entrata in casa – dove ho lavorato con una luce fioca e lontana dalla postazione dove stavo lavorando – ho velocemente lavato le foglie e le ho asciugate;
– le ho messe poggiate come vedrete nel video, a 45° per un po’, per perdere l’eventuale liquido giallo (l’alloina, dannosa a quanto dice qualcuno). La mia aloe non mi sembra che ne avesse, o forse non l’ho saputa togliere, comunque.. procediamo..
– mi ero preparata un po’ di attrezzatura intorno: tagliere di plastica, coltelli taglienti, piatti puliti, tovaglioli di scottex, canovacci, formine per il ghiaccio di silicone con fondo flessibile; frullatore (io il bimby, ma anche un minipimer va bene);
– per procedere a “sfilettare” le foglie ho trovato diversi suggerimenti in rete. In tutti i video, chi ci mostra il proprio metodo, lavora alla luce del sole…. naturalmente credo che lo facciano per mostrarci meglio come fare, ma io preferisco agire come ho detto sopra.
Ho scelto questo video su youtube che, pur essendo in inglese, ci mostra in maniera inequivocabile come tagliare le foglie per ricavare il magico gel (e secondo me, questo è un buon metodo);
– una volta frullata nel bimby tutta la polpa ricavata, l’ho versata direttamente nelle formine per il ghiaccio..

.. ed ecco i miei ghiacciolini il giorno dopo, quando li ho trasferiti in una bustina
Sorry per non aver potuto fare foto del procedimento.. ma, vista l’oscurità nella quale lavoravo, non si vedeva un (you)tubo!
Utilizzi:

  • per i miei spignatti cosmetici
  • per bere il gel, a detta di molti ottimo per le sue proprietà
  • ma soprattutto come doposole (ho provato sulla mia pelle che una foglia passata sulla schiena dopo essere stati al sole tutta la mattinata, aiuta a lenire le bruciature e a non “spellarsi”).

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Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).
Fonte 25.VIII.2013

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COSMETICANDO, casa e persona

Oleolito alla lavanda

Ancora una preparazione del mio mini-angolo cosmetico: il lenitivo e rilassante Oleolito alla Lavanda.

 Circa un mese e mezzo fa, grazie ad un bel mazzetto di lavanda secca che un gentile collega ha regalato in ufficio a noi femminucce, ho avuto l’occasione di avviare il mio primo oleolito.
Qualche annotazione su cos’è un oleolito:
…non è altro che il risultato semplice ed economico di una macerazione di una o più piante in un olio vegetale per estrarre le proprietà delle piante stesse (notare che non tutte le piante sono adatte per fare oleoliti).
… proprietà della lavanda:
aromatiche, purificanti, antisettiche, sedative, antispasmodiche.
In giro in rete, ognuno troverà gli utilizzi che meglio crede, io vorrei farci dei massaggi post doccia o lo unirò al momento a creme massaggio corpo o lo userò come “attivo” in qualche crema viso.
Ma partiamo con il procedimento (non ci sono dosi precise da rispettare, dipende da quanti fiori riuscite ad avere).
Ho preferito il metodo al buio e al fresco che mi è sembrato più dolce e più “giusto”..
Fra l’altro ho letto che senza sole diretto, il nostro oleolito di fiori secchi si preserverà meglio da eventuali irrancidimenti.
1° giorno – 29 luglio 2013
Ho cominciato con lo sfilettare unicamente i fiori (o droga, come si dice) dagli steli della lavanda.
Li ho versati in un vasetto di vetro da mezzo chilo (tipo quelli del miele), e l’ho riempito di olio, facendo sì che la lavanda fosse del tutto coperta e che contemporaneamente non restasse spazio fra il materiale immesso e l’orlo del vasetto.
Ho usato olio di riso (ma vanno bene anche altri olii che resistono bene all’irrancidimento: girasole – deodorato direi – o oliva, ma è un po’ forte).
Visto che non avevo altri aiutini per la conservazione, ho pensato di aggiungere un cucchiaino di rosmarino secco e mescolare bene (sperando nel potere antisettico di questa pianta, anche se secondo me è meglio evitare, per l’odore pronunciato che rilascia).

Sarebbe stato meglio sostituire 1/3 o 1/4 dell’olio utilizzato con altrettanto olio di jojoba (che poi è una cera, e per le sue proprietà aiuta ad evitare irrancidimenti, ma non ne avevo disponibile, costa veramente tanto, e conto di usarlo quando sarò più esperta!!).
Quando lo acquisterò per le mie creme inoltre, vorrei aggiungere da subito uno 0,25% di tocoferolo puro (praticamente è vitamina E, e grazie al suo potere antiossidante, anche questa sostanza preserva il nostro oleolito, oltre ad essere prezioso per la nostra pelle).
Ho avvitato il coperchio, schermato il vasetto di vetro con fogli di alluminio, ho datato e riposto in un posto fresco di casa (in cantina sarebbe stato anche meglio, ma poi sarebbe stata difficile l’agitatina quotidiana che dovevo praticare all’olietto).

Ogni giorno ho agitato il vasetto (anche ogni 2 o 3 giorni va bene).
La prima volta ho mescolato con un cucchiaino, ma per il resto del periodo ho solo scosso ben bene.
Dopo 40-45 giorni si può procedere al primo filtraggio.
42° giorno – 8 settembre 2013.

A fine periodo ho versato il tutto in uno schiacciapatate, poggiato sopra ad un colino a maglie fitte, poggiato a sua volta sopra ad una terrina, tutto ben lavato e asciutato bene.
Lo schiacciapatate mi è servito a mo’ di torchietto per estrarre al meglio le proprietà dell’olietto migliore: quello ancora all’interno della droga ormai sfruttata.

Ho versato poi il ricavato non ancora limpido, in un vasetto di vetro pulito (schermando anche questa volta con carta di alluminio).

Dopo 24-48 ore si può procedere al II filtraggio
Non ho trovato notizie sulla possibilità o meno di agitare il vasetto anche in questo periodo, credo non serva più ormai, ma ho agitato ben bene dopo un giorno e ho filtrato il giorno successivo.
44° giorno – 10 settembre 2013
Questa volta ho proceduto al II filtraggio utilizzando un foglio di cartacasa, per rendere limpidissimo il mio oleolito.

Ho ricavato all’incirca 200 grammi di olio profumato.

Se non cambierà odore o diventerà rancido, immagino di poterlo utilizzare molto a lungo (ho letto anche fino a 3 anni), e comunque per quanto mi riguarda non oltre la scadenza naturale dell’olio utilizzato (in questo caso 30 settembre 2014).

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Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti a un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).
Fonte 11.IX.2013