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LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Limoncello … scientifico

Ho scoperto che il limoncello gradito a molte di noi signore è quello che si aggira sui 29° (contro i 33-34° o più), ma potremo variare a nostro piacimento la gradazione alcolica aiutandoci con la formuletta che riporto sotto.

Intanto questa è la mia ricetta attuale, con alcool a poco più di 29°:
10 limoni non trattati
1 lt alcool a 95° (750 ml prima e 250 ml dopo)
600 zucchero
1,8 lt acqua oligominerale

I fase – 1 settimana in 3/4 di alcool (ho voluto limitarmi ad una settimana soltanto di macerazione in alcool per evitare eventuali estrazioni di principi amarognoli dei limoni, ma per assicurarmi il sapore, ne ho messi 10 belli grandi!!).
Per la suddivisione dell’alcool fra prima e seconda fase, ho scopiazzato una ricetta sorrentina… non so ancora il perché di questa metodica, ma cercherò di approfondire.
II fase – Preparare lo sciroppo di acqua e zucchero, farlo freddare e aggiungerlo all’alcool/bucce della prima fase (ho deciso di lasciare le bucce a mo’ di macerato idroglicerico con droga compresa).
Se come me amate il limoncello un po’ più torbido, unite lo sciroppo quando non è ancora del tutto freddo.
Se invece si vuole un liquore trasparente, ho letto di aggiungere un albume battuto in mezzo bicchiere d’acqua e versarlo nello sciroppo prima di portare a ebollizione..

Mah?!? Io non ho provato ma chi vuole può fare un tentativo.
Aggiungere anche i restanti 250 ml di alcool.
Far riposare per 2 settimane almeno (meglio 3).Dopo il riposo, filtrare il tutto, imbottigliare e mettere il frigo (o in freezer, meglio!).***
Un altro dato che può essere utile è quello relativo alla conversione da volume a peso:
ogni litro di alcool etilico a 95° è pari a 0,789 grammi***Tutti i valori di quello che inseriamo nella ricetta concorrono alla gradazione alcolica e questa è la formula per ricavarla:(alcool/volume totale)*gradazioneLo zucchero rende circa 65 ml. ogni 100 gr. quindi nel mio caso:
(1000/3190)*95 = vol 29,78°p.s.
non abbiamo resistito, e un assaggino lo abbiamo fatto dopo una settimana della seconda fase di macerazione:
più leggero del limoncello solito, ma assolutamente pieno di profumo, grazie all’alto numero di limoni utilizzati.
Ho fatto anche la prova mettendone una bottiglina in freezer, e nonostante non sia a 40°Vol, non ghiaccia, quindi potrete tranquillamente mantenerlo in congelatore.
Fonte 10.VI.2014
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LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Bibita limone & stevia

Dieta? Estate? Perché non provare con questa dissetante bibita pseudo LEMONSODA alla stevia?

La ricetta originale è qui, e me l’ha fatta conoscere la nostra bravissima cookina-fotografa smaryyns76 (trattoriadamartina).
Naturalmente se dovete offrire questa bibita ad atleti o bambini sempre in movimento potrete fare l’originale, ma se come me dovete lanciare un occhio alla linea potrete alternarla con questa preparazione.
Per ora ho fatto una piccola prova, ma ne preparerò sicuramente in dose maggiore
Ho fatto così:
– Il succo di 5-600 gr di limoni (non importa che siano biologici: ho ricavato 230 ml circa)
– Zeste di un limone (biologico e/o non trattato questa volta!)
– 2 cucchiaini della mia stevia naturale in polvere
– acqua minerale frizzantissima

In un pentolino ho versato il succo appena spremuto dei limoni, aggiunto la zeste e la stevia in polvere.
Ho usato uno spartifiamma e portato ad ebollizione leggerissima mescolando di continuo sul fornello più piccolo ma con fiamma al massimo.
Il tutto per una mezz’ora (ora che ho registrato questi tempi credo che la prossima volta mi potrò aiutare col bimby).
Alla fine ho ricavato 130 ml circa di succo ristretto.

Avevo sperato in un improbabile sciroppo, ma sono soltanto riuscita a far ridurre il tutto ad un succo scuro e saporito.
Visto che la stevia non ha il potere conservante dello zucchero, ho deciso di congelare questo succo versandolo in bustine formaghiaccio, dopo averlo ben filtrato.

 

Come preparo la bibita:
Direi che ogni ghiacciolo è sufficiente per due bei bicchieri di bibita dissetante, aggiungendo dell’acqua minerale frizzantissima di frigorifero.
Per mantenere al meglio la frizzantezza prima metto il ghiacciolo e poca acqua in un bicchiere, faccio sciogliere, suddivido in due bicchieri, e poi rabbocco con acqua frizzante fino a riempire ciascun bicchiere.
Il sapore di stevia è deciso ma si sposa bene col limone, e le bollicine dell’acqua completano l’opera..
Fonte 24.VI.2014

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DOLCI

Confettura prugne e cannella – Metodo Ferber

Ho avuto in regalo un piccolo cesto di “zuccherine”, così mio cognato chiama questa varietà di prugne (vedi anche qui) che crescono sul suo alberello.
Dolcissime, ma erano quasi 3 chili, e allora con una parte … via di confettura.
Cercando cercando, è stato ricorrente il nome di Christine Ferber e del metodo da lei usato (che sembra venga adottato anche nell’industria per abbreviare la gelificazione e mantenere colore e sapore della frutta) e – una volta approdata nel blog della simpatica Rossella – ho preparato anche la mia versione.
Il perché della mia scelta per questo metodo è presto svelato:
pur se la lavorazione è articolata, i pezzi di frutta cuociono solo per 15-20 minuti al massimo.
Grazie a questa riduzione drastica dei tempi di cottura (e alle due macerazioni effettuate) la nostra confettura sarà più genuina, conserverà i colori più accesi e raggiungerà una perfetta densità, oltre al sapore che posso confermare, nessuna confettura riesce ad eguagliare!!!
INGREDIENTI per 1 Kg di prugne (ma ne ho fatte di più):
1 Kg di prugne “sicure” con la buccia (la buccia contiene pectina naturale), lavate, asciugate e tagliate a pezzi senza nocciolo e parti rovinate – 100%
95 g succo limone (l’acidità del limone evita la cristallizzazione dello zucchero, attenua il sapore dolce, lascia la frutta chiara, contiene pectina che favorisce la gelificazione e può contrastare eventuali formazioni indesiderate di botulino – vedi link in fondo) – 9,5% delle prugne
20 g scorza del limone (non trattato) – 2% delle prugne
1 piccola stecca di cannella (oppure, in alternativa, 6-7 g in polvere – facoltativa, ma ci sta benissimo)
450 g zucchero semolato – 40% abbondante sul totale complessivo della frutta
Ho ridotto lo zucchero rispetto al 100% suggerito da Ferber.
Naturalmente mi sono regolata con la cottura, che ho prolungato di un pochino.
Ho utilizzato il 45% rispetto alle sole prugne, ma visto che c’è anche del limone, e anche il limone è frutta, diciamo che in questa confettura, la percentuale totale di zucchero aggiunto è del 40%.

PROCEDIMENTO
Prima fase – macerazione breve (1 h)
Tagliata e pulita la frutta, l’ho messa da subito in una terrina di vetro con il succo filtrato del limone, la scorza, la stecca di cannella e lo zucchero.
Ho coperto e messo in frigo per 1 h circa (siamo in estate, meglio evitare rischi di fermentazione non graditi).

Seconda fase – ebollizione appena accennata
Ho quindi portato ad una prima ebollizione il composto e ho subito spento il gas.
Ho fatto freddare un pochino, ho versato di nuovo il tutto con cautela nella terrina di vetro, coperto con pellicola e messo in frigo.

Terza fase – macerazione lunga (8-10 h)
Dopo la macerazione al fresco, al mattino ho filtrato il composto con un colino a maglie grosse per ricavare tutto il succo possibile.

Quarta fase – ebollizione del solo succo (15-20′ dalla ebollizione)
Ho portato a ebollizione coprendo (ho usato una pentola grande di acciaio con fondo spesso messa su spartifiamma – non ho la “bassina” … il rame mi mette un po’ soggezione) e poi ho scoperto la pentola, lasciando a fiamma moderata per 15-20′ per far rapprendere un po’ il liquido.
Quinta fase – unione della frutta al succo e cottura finale (15-20′ dalla ripresa della ebollizione)
Ho quindi versato la frutta scolata (in questa fase si può togliere la cannella e anche le scorze del limone se non si vogliono).
Ho di nuovo coperto e dalla ripresa dell’ebollizione ho scoperto e fatto stare 15-20′ ancora, schiumando per un paio di volte.
Un must finale? La prova piattino: ho fatto cadere un cucchiaino di confettura nel piattino freddo di freezer, tenuto in verticale, per accertarmi che non colasse troppo velocemente (in questo caso è pronta, altrimenti prolungare un pochino).
Ho spento e travasato la confettura bollente in barattolini di vetro piccoli, prima lavati e poi sanificati con poca acqua per qualche minuto in microonde e successivamente passati con uno scottex inumidito di alcool per liquori a 95° per asciugarli e contemporaneamente togliere la patina di calcare.

Ho comunque cercato di mantenere il tutto molto caldo per facilitare il sottovuoto ed evitare shock termici al vetro (la prossima volta adotterò di nuovo la sanificazione dei vasetti in forno anziché in microonde: non si forma la patina di calcare e si possono invasare ancora bollenti).

Ho avvitato i barattoli con coperchi prima lavati e poi sanificati per 20′ in pentolino con l’acqua (sarebbe meglio comprarne sempre di nuovi, ma per il lunedì all’alba doveva essere tutto pronto e le prugne sono state un regalo inaspettato della domenica pomeriggio, quindi ho utilizzato solo dei coperchi seminuovi, ma in perfetto stato … e mi raccomando … usate quelli del tipo che fa clik-clak, per capire se/quando si forma il sottovuoto).
Messi tutti i 9 barattolini capovolti, coperti da pile, in attesa del sottovuoto e di non sentire più il clik-clak finale (6 barattolini hanno fatto il sottovuoto nel giro di qualche minuto; gli altri 3 lo hanno raggiunto il giorno dopo: saranno i primi ad essere consumati).
E’ la prima volta che preparo una confettura di prugne (in passato ho fatto solo more/mele e poi uva), è venuta al meglio delle mie aspettative: bella densa e saporita senza essere eccessivamente dolce e soprattutto senza prolungare oltremodo la cottura.. e credo proprio che ripeterò questo procedimento in futuro.
CONSERVAZIONE
Probabilmente non c’è bisogno delle attenzioni che seguono, e anche se c’è chi le conserva per anni, direi che:
conserverò la confettura in dispensa fino ad un anno dalla preparazione (credo che questa sia la parte più difficile, ma mi impegno a sottrarre un vasetto alla degustazione per questa controprova 🙂 );
al momento di consumarla trasferirò un barattolino in frigo qualche ora prima dell’apertura;
una volta aperta, cercherò di consumarla nel giro di una settimana – 10 giorni.

Link del Ministero della Salute, qui

Mia ricetta del 28.VII.2014

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COSMETICANDO, casa e persona

Deodorante al bicarbonato

Bicarbonato!!
Questo “alleato” per le più disparate faccende casalinghe e non..
Voi come lo usate?
Per lavare frutta e verdura?!
Per farvi un pediluvio defaticante?!
.. e molto “altro”, immagino.
Ecco.. per questo “altro”, ho trovato un modo semplicissimo, economicissimo e efficace per utilizzare il nostro alleato sotto forma di soluzione satura come deodorante per le ascelle!

Il mio in-put è stato Fabrizio Zago, chimico operante nel settore dei detergenti Ecolabel, creatore del biodizionario e membro del forum Promiseland.
Questa la mia versione.
– Verso l’equivalente di mezzo bicchiere d’acqua*** in un vaso/contenitore/bicchiere di vetro che possa essere coperto.
– Verso anche 1 cucchiaino di bicarbonato, mescolo e copro (se volete evitare il massimo dello spreco, provate direttamente col 12% di bicarbonato … che dovrebbe essere la percentuale con la quale si satura l’acqua con questo elemento).
– Eventualmente, dopo qualche ora, se la soluzione è diventata trasparente e senza residui, verso un altro cucchiaino di bicarbonato e proseguo alla stessa maniera fino a che sul fondo del bicchiere vedo il bicarbonato che non riesce più a disperdersi.
– A questo punto – facendo bene attenzione a non versare anche il bicarbonato – verso la soluzione trasparente in una bottiglietta**** e relativa pipetta, lavate, disinfettate con acqua ossigenata e ben scolate.
USO
Ecco pronto il vostro deodorante da spalmare sotto le ascelle.
All’occorrenza, una volta asciugata la soluzione, aggiungere un po’ di amido, quale lenitivo.
Molte persone si trovano bene con prodotti così alcalini per neutralizzare gli odori (altri si trovano bene con prodotti acidi), ma se ci fossero problemi di arrossamenti, naturalmente sospendere.
Conservazione: circa 1 mese
Visto che non utilizziamo conservanti, e visto che nonostante la basicità del prodotto, ho letto (Forum Angolo di Lola) che si possono produrre ugualmente dei germi alcalini, dopo un mese meglio gettare il prodotto o farne utilizzi che non siano prettamente per la persona.
***
Utilizzo acqua demineralizzata (a volte la recupero dal mio freezer, filtro e faccio bollire), o acqua oligominerale a basso residuo (utilizzo Lauretana per i miei spignatti: residuo fisso 14 mg/lt), o eventualmente, acqua di rubinetto bollita e poi freddata (così quanto meno si è tolto un po’ di cloro).
Vi chiederete perché non utilizzo della semplice acqua demineralizzata del super per ferro da stiro!?! Perché non mi piace da mettere addosso .. se leggete fra le righe, non la consigliano per usi alimentari/cosmetici!!
****
Potrebbe andare bene anche un contenitore roll-on, ma consiglio bottigliette con la pipetta, in modo che tutta la famiglia possa utilizzare il prodotto.
Non consiglio invece gli spruzzini, che si intaserebbero con il sale.

*******

Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).
Fonte 07.VIII.2014

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LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Liquore all'uovo pastorizzato (tipo vov)

Dopo qualche prova precedente sono arrivata a questa versione, e questo è diventato il liquore pastorizzato*** all’uovo della mia famiglia (copia del famigerato VoV), realizzato in questo caso con prodotti ad alta digeribilità.
Ingredienti
(per quasi 2 litri di liquore. Ne ho fatto molto per regalini vari, ma vi consiglio di seguire queste dosi: finisce in un baleno):
12 tuorli freschissimi Ovito (erano uova piccole: circa 190 gr in totale)
915 gr latte fresco Zymil parzialmente scremato + 15 gr burro chiarificato Chef .. e questo è il trucco per non diminuire i grassi (in alternativa 930 latte intero delattosato; oppure potete arrivare fino a 1 litro, ma sarà leggermente meno denso)
800 gr zucchero semolato (200 per montare i tuorli + 600 nel latte)
300 gr alcool 95° per liquori
150 gr marsala secco Florio (o passito, o porto, o altro vino aromatizzato)
1 cucchiaino colmo di vaniglia naturale in polvere bio (messa a macerare già da qualche ora prima nell’alcool della ricetta)
scorza intera di 1 limone (la parte gialla – facoltativa, anche questa a macerare nell’alcool da prima)
Procedimento
– ho montato nella Kenwood, con la frusta a filo, i 12 tuorli e i 200 gr di zucchero per 5 minuti per far diventare denso e spumoso lo zabaione;
– intanto ho messo a bollire dell’acqua in un pentolone per il bagnomaria, ;
– ho messo a scaldare in un’altra pentola tutto il latte e i restanti 600 gr di zucchero per farlo sciogliere bene (il latte è già pastorizzato quindi non serve oltrepassare gli 80°C, ma portandolo a questa temperatura il liquore si addenserà un pochino);
– ho versato quindi il latte caldo a filo sui tuorli, facendolo scendere dalle pareti del Ken, riprendendo a montare intanto che facevo questa operazione;
– ho trasferito il ciotolone del Kenwood con dentro uova e latte, direttamente sul bagnomaria che era arrivato quasi a ebollizione (in questa fase la temperatura del composto arrivava a circa 68°C);
– sempre usando il termometro, ho fatto stare una 10ina di minuti mescolando di tanto in tanto. Una volta arrivati a 83°C ho aspettato pochi secondi – 3 secondi a questa temperatura sono sufficienti per la pastorizzazione delle uova – e ho spento;
– a questo punto ho trasferito il ciotolone in un bagnomaria freddo con ghiaccetti e siberini (se voi l’avete, qui potrete usare l’abbattitore di temperatura);
– una volta che il liquido è arrivato a 40-45°C (temperatura critica per la proliferazione dei batteri), ho freddato ulteriormente aggiungendo i 150 gr di marsala previsto (freddo di frigorifero), e ho aggiunto altro ghiaccio al bagnomaria freddo;
– ho aspettato che la temperatura scendesse sui 20-25°C e ho finalmente aggiunto i 300 gr di alcool (in questa fase ho filtrato l’alcool con telo pulito e strizzato – precedentemente sterilizzato in acqua bollente in microonde – per eliminare i semini di vaniglia e le bucce di limone);
– a questo punto, miscelando di continuo come si fa nella moka per amalgamare la consistenza del caffè, ho versato da subito in bottiglie pulitissime che avevo ulteriormente “risciacquato” con un dito di alcool 95° e fatto asciugare;
– nel versare, ho filtrato con un passino a maglie fitte posto all’interno dell’imbuto, per togliere eventuali pezzettini di uovo (ve lo consiglio, possono non far piacere nel bere), poi ho messo i tappi e via in frigo;
– prima di gustare far maturare almeno una settimana, agitando/capovolgendo ogni giorno le bottiglie;
– agitare sempre prima di bere.
Bontà allo stato puro!
Conservazione
Non mi sbilancerei: è un prodotto fatto in casa e anche se il tutto risulta pastorizzato, ci sono pur sempre uova e latte che possono deteriorarsi.
Direi che un tre mesi, mantenendo in frigo, sia una durata plausibile (ma vi assicuro che non ci arriva), anche se qualcuno asserisce che 6 mesi/1 anno possa conservarsi.
Sono stata incauta forse, ma effettivamente una volta ne ho assaggiato un pochino da una bottiglia che stazionava da un paio d’anni nel frigo di mio figlio, nessun mal di pancia, ed era ancora ottimo!
L’idea in più
Tanto per mia memoria e per memoria delle persone alle quali lo regalo, di solito etichetto già con la data di quando potremo cominciare a berlo 😉
 
Conservazione
Per quanto riguarda la conservazione ho letto di tutto (da 1 mese a 2 anni), quindi non mi sento di dare indicazioni.
Comunque userei il buonsenso e, se è pur vero che c’è alcool e zucchero che fungono da conservanti, e che ho pastorizzato le uova, è pur sempre un liquore che ne contiene abbastanza, è a bassa gradazione alcolica e contiene anche il latte..
Non andrei pertanto oltre i 3 mesi, conservando in frigorifero.. ma c’è chi assicura di averlo bevuto dopo due anni (come me del resto), ancora in ottimo stato.. quindi… fate vobis.
*** Chi volesse evitare di impegnarsi o avere difficoltà nell’operazione di pastorizzazione, può prendere in considerazione l’acquisto di tuorli pastorizzati refrigerati. Non li ho ancora mai utilizzati, ma anche qui … fate vobis.
Utilizzi (oltre a berlo tal quale):
– questo liquore è la base per l’ormai famoso “bombardino“, bevanda calda rinomata nelle località sciistiche;
– ottimo per “affogare” il gelato
Fonte 01.XI.2014
 

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SALSE, sughi, condimenti, erbe

Salsa pomodorini, zenzero e rucola

Per il pasto quotidiano, a volte prendo spunto dalle ricette trovate su Cookaround, come nel caso di questa salsetta pomodorini e zenzero.
Io ci aggiungo solitamente una bella pioggia di rucola fresca del mio balcone (trovo che sia la ciliegina sulla torta: ci sta divinamente!).
Ingredienti per 4 persone
5-600 g di pasta fresca,
500 g di pomodorini datterini,
2 spicchi d’aglio,
4 cm di zenzero fresco (o secondo gusto),
1 peperoncino,
rucola fresca da aggiungere alla fine (se piace, ci sta divinamente, oppure basilico),
olio extravergine d’oliva,
sale

Metto sul fuoco la pentola con l’acqua per la pasta.
Nel frattempo scaldo un giro d’olio extravergine d’oliva in una padella insieme ad uno spicchio d’aglio in camicia e del peperoncino.
Appena scaldato l’olio aggiungo anche dello zenzero sbucciato e affettato e lascio insaporire a fiamma moderata.

Intanto lavo e taglio i pomodorini.
Dopo aver prelevato l’aglio dalla padella (io lascio lo zenzero) unisco i pomodorini e lascio cuocere a fiamma vivace.

Mentre i pomodori cuociono, tuffo la pasta nell’acqua salata in ebollizione e una volta cotta scolo e verso in padella per mantecare il tutto con il condimento di pomodori.


Il tocco finale della rucola fresca (la preferisco al basilico) trovo che sia la chicca che ormai mi fa preferire questa pasta alla solita “aglio, olio e peperoncino”.
Servo immediatamente ancora ben caldo.

Note:
Lo zenzero è una pianta salutare di origine orientale, molto diffusa oggi nella nostra cucina.
E’ una spe

zia che regala un sapore caratteristico e pungente ai nostri piatti, viene usata sia essiccata che fresca e ha note proprietà energizzanti.
Ha grandi proprietà antiossidanti e quindi aiuta la conservazione dei cibi e si presta ad accoppiamenti versatili, con la carne o con i dolci.
In India, che ne è uno dei principali esportatori, trova posto anche nella preparazione del Curry ma si può trovare anche nelle birre e in altri distillati.
Gli arabi lo considerano un afrodisiaco e in Giappone trova largo uso come disinfettante per la bocca e “annullatore” di sapori tra una portata e l’altra.

Piccola ma importante annotazione: anche se noto come coadiuvante contro la nausea in gravidanza, ho letto che l’Aifa ne sconsiglia il consumo in tale periodo.

04.XI.2014

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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Alici fritte in tempura

… eh sì! Ieri passando al banco del pesce al mercato, la mia “pescivendola” mi ha proposto 1 Kg e 200 gr di alici appena pescate.
Ieri sera le ho pulite tutte per bene, il grosso l’ho messo nel congelatore per farci delle alici marinate, e lì rimarranno per 4 giorni.
Leggi qui per l’abbattimento dell’anisakis.

Ma potevamo non gustarne qualcuna al momento?
Non mi ricordavo esattamente le dosi della tempura preparata in precedenza (qui trovate il link), poi ero veramente stanca per cercare in rete, quindi ho approssimato, ricordando la cosa principale della tempura: il FREDDO!!!
Ho lavorato con contenitori e alici, poggiando tutto su siberini ghiacciati.
Ho preso un grosso pugno di farina 0 bio del con@d, un grosso pugno di amido di mais bio, mescolati e aggiunta l’acqua minerale fredda che fortunatamente avevo in frigo.
Fatta una pastella pochissimo densa.
Ho infarinato leggermente le alici ben asciutte, poi le ho tuffate nella pastella e infine nell’olio di arachide ben caldo a circa 170-180°C, poche alla volta.


… ci credete? Una delizia!!! Senza nemmeno aggiungere sale, né limone!!!
Fonte  01.III.2017
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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Filetti di baccalà in tempura

Tanto freddo, questo uno dei segreti per la famigerata e leggera pastella, che definirei “mondiale”.

Il perché di questo termine ormai obsoleto, ma in uso quando ero giovincella (per dire che una cosa era buona, ganza, che spacca, ecc.), è giocosamente dovuto al fatto che oggi questa preparazione è conosciuta come giapponese, sembra però che abbia natali portoghesi, e io l’ho adattata ai classici filetti fritti di baccalà romani 😉 .
A Roma nelle pizzerie infatti, prima di una buona pizza al piatto, si usa servire fritti vari come antipasto (fra i quali gli immancabili supplì, i fiori di zucca con mozzarella e alici, le olive ascolane, le crocchette di patate, il baccalà appunto, ecc.) …
Poi come dimenticare i fritti che “aprono le danze” su gran parte delle nostre tavole nella notte della vigilia di Natale (broccoli, carciofi, mele, baccalà, ecc.)?
Naturalmente, oltre che come antipasto, nulla vieta di gustarseli come ottimo “secondo piatto”, preparati come si trovano nel localini dedicati della vecchia Roma, o come abbiamo fatto in famiglia ieri sera …

Ecco la mia versione:

Ingredienti
– 1 filettone da 1 Kg circa di baccalà sotto sale (oppure baccalà già ammollato)
– abbondante olio per friggere (io circa 3/4 di litro di olio di arachide)
– due o tre pugni di farina per infarinare i filetti.
– sale fino da aggiungere a fine frittura e qualche spicchio di limone (facoltativi)
Per la/il tempura (scegliete voi il genere):
150 gr di farina (metà 00 debole per biscotti + metà farina di riso o amido)
250-300 gr circa acqua frizzante freddissima di freezer! (circa il doppio della farina impiegata: la pastella non deve essere densa)
qualche cubetto di acqua frizzante congelata
Procedimento
La storia comincia con l’acquisto del baccalà: un bel filettone senza spine.
Se lo comprate sottosale, potete fare come spiego sotto, altrimenti comprandolo già ammollato (a Roma di solito si trova nei mercati rionali il martedì e il venerdì) potete procedere subito a preparare i filetti fritti.
Arrivo a casa, lo sciacquo sommariamente e lo adagio in una terrina di vetro, sommergendolo di acqua (lo metto “ammollo”, come si dice a Roma), copro e metto in frigo.
Per dissalarlo, lo faccio stare almeno 2 o 3 giorni in frigo.. anche 4, cambiando l’acqua un paio di volte al giorno (se vi va potete assaggiarne un pezzettino per sapere se ha perso abbastanza sale).
Arrivato il giorno della frittura ho tolto la pelle al baccalà con un coltello ben affilato (fate attenzione, non tagliatevi, ci vuole un po’ per non rovinare il pesce) e ho ricavato dei filetti piccoli abbastanza fini.
Li ho asciugati benissimo con della cartacasa e rimessi in frigo.
Ho messo in frigo anche una ciotolina con della farina: servirà per infarinarli leggermente prima di impastellarli.
Intanto ho preparato un bagnomaria gelato mettendo acqua e alcuni siberini all’interno di una ciotolona (se non avete siberini, riempite di ghiaccioli).
All’interno di questa ciotola grande, ho fatto galleggiare un’altra terrina dove ho versato le farine setacciate e l’acqua frizzante fredda di freezer.
Ho dato una mescolata sommaria (non è necessario che il composto sia liscio, anzi molti consigliano di lasciarlo grumoso).
Per far sì che il tutto si mantenesse ben freddo ho messo all’interno della terrina con la pastella, anche un paio di cubetti di acqua frizzante congelata, e un tubo in plastica chiuso (non dobbiamo correre rischi che la pastella si annacqui oltremodo) pieno di acqua ghiacciata, rubato alla brocca da acqua che vedete in secondo piano (in alternativa si potrebbero usare dei sacchetti formaghiaccio).
La pastella non deve risultare densa e non ha bisogno di riposare.

La mia era così:

 

In mancanza del wok che sarebbe la cosa più adatta (o forse della friggitrice, ma non ce l’ho), ho portato a 170-180°C l’olio di semi in un pentolino antiaderente alto.
Se non siete bravi, come non lo sono io, a capire quando l’olio arriva alla giusta temperatura, potrete servirvi di un termometro da cucina.
La sequenza che ho osservato è stata questa:

  • pochi pezzi di baccalà  asciuttissimi per volta,
  • li ho infarinati leggermente,
  • tuffati velocemente nella pastella fredda scolando l’eccesso
  • e immersi quindi nell’olio caldo facendo friggere per 5 minuti circa

 

 

 

Man mano che proseguivo nella frittura ripetevo i passaggi, non ultimo quello importantissimo di riportare a temperatura l’olio.

Risultato: gonfi, leggeri, croccanti, chiari (se si volessero più coloriti provare ad aggiungere un uovo alla pastella, anche se la versione tradizionale casalinga della tempura giapponese non lo prevede), non c’è stato bisogno di sale o limone .. ottimi già così!
P.S. del giorno dopo
Qualcuno degli ultimi filetti lo abbiamo lasciato, ma niente paura: fino al giorno dopo sono ottimi e croccanti… quasi quanto i primi ..
Quasi quasi ci faccio un pensierino per i fritti di Natale
Li ho messi in frigo, e il giorno dopo li ho adagiati ben separati su carta per fritti, in forno già caldo, per una 10ina di minuti a 150°-170°C ventilato (vedete voi col vostro forno).

Stesso procedimento per le umili e deliziose alici fritte in tempura

 

Fonte 04.XII.2014
 

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DOLCI

Orange marmalade … punto!

Chapeau alla nonna inglese di Gwendoline!!


Posso sembrare esagerata (anzi a volte lo sono proprio), ma quando posso, provo a riprodurre esattamente le ricette per come mi si propongono (salvo cambiarle successivamente a seconda delle mie esigenze), quindi, come da ricetta originaria, volevo preparare questa delizia con arance bionde, limoni e pompelmi gialli.
Ma ho anche le mie idee, e quindi non avrei mai fatto la “Orange marmalade” della nonna di Gwendoline (Reginette di Cookaround) senza agrumi non trattati..
Avevo quindi inizialmente rinunciato a prepararla per la difficoltà – nella citta in cui vivo – di reperire pompelmi biologici non trattati gialli. I pompelmi rosa non trattati si trovano, ma a me servivano gialli!!!
Immaginate la mia sorpresa quando, giorni fa, ho trovato una cooperativa agricola bio nel mercato rionale (dove purtroppo raramente faccio la spesa, perché al mattino sto in ufficio) che oltre ad arance bionde e limoni aveva anche degli splendidi, piccoli pompelmi gialli, tutto rigorosamente biologico e non trattato.
Ho cercato di seguire alla lettera il tutto e, come dice Gwendy, il risultato è quello sperato:
Unica! Particolare! Per palati raffinati … grazie ad un segreto che – secondo me – è anche quello di lasciare nella marmellata tuuuuuttti gli olii essenziali degli agrumi che sarebbe una disdetta perdere con lavaggi prolungati delle bucce, o ammolli, o punzecchiature, o peggio bolliture, ecc.).
Chiaramente questo richiede una dose enorme di zucchero, che però ci sta divinamente!!


Per una cottura che non superi i 40-45 minuti con i miei 2+2+2 frutti (sarebbe un peccato prolungarla: la marmellata si scurirebbe e immagino che cambierebbe sapore) meglio comprare limoni con buccia fine (tipo quella dei pompelmi); quelli ruvidi acquistati da me hanno la buccia troppo spessa. Buona lo stesso, ma si è cotta meno degli altri agrumi.

Fonte 12.XII.2014

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DOLCI

Stollen con pasta madre – Kerststol

Ho voluto provare a fare anche io questo dolce, originario della tedesca Dresda, ma ormai personalizzato con innumerevoli versioni e presente in moltissime delle tavole natalizie del Nord-Europa.

Per la storia del dolce tedesco, vi rimando a Wikipedia.
In particolare però mi sono ispirata al Kerststol olandese perché il figliolo, lo scorso anno, me ne ha portato uno delizioso dall’Olanda (Groningen).
Con qualche mia licenza e modifiche varie, ho preso spunto anche dalla ricetta con lievito di birra di Adriano Continisio.
Come faccio ormai sempre per i dolci a lunga lievitazione, ho inserito un pizzico di bicarbonato per neutralizzare l’eventuale acidità non gradita della pm (decidete voi se ometterlo: se rinfrescherete per bene la pm come spiego sotto, non è indispensabile visto che non stiamo di fronte a una lievitazione interminabile!).
Ingredienti
(per 3 stollen da Kg. 1 ciascuno, oppure 2 stollen da Kg. 1,500)

550 g farina W 300 (440 g tipo 00 W350 Garofalo + 110 g tipo 00 bio Conad, prot. 10%)
110 g uova intere (3 tuorli + 2 albumi: erano piccoline)
250 g latte fresco intero
200 g zucchero
230 g burro
180 g pm ben rinfrescata con latte anziché acqua (60 g pm nel poolish + 120 pm nel preimpasto dopo 8 h circa, quindi rinfrescata di nuovo)
13 g sali (10,50 sale + 2,50 bicarbonato)
20 g circa scorza di 1 limone non trattato + 1 pezzetto di zenzero fresco grattugiati
465 g frutta secca (uva passa bio 250 g + albicocche 125 g + more di gelso 60 g + bacche di goji bio 30 g)
100 g canditi arancia
200 g circa acqua e liquore secco di arancia come bagna per la frutta secca/canditi
170 g nocciole tostate e tritate grossolanamente a coltello (o granella)
12 g circa spezie polverizzate (in ordine di quantità: vaniglia, cannella, noce moscata, cardamomo, ch. garofano)
8 g miele acacia bio (1 cucchiaino)
Totale impasto 2508 g (ma dopo sfrido e eliminazione della bagna per la frutta, si è ridotto a 2385 g reali)
Marzapane
(550 g circa, per realizzare 3 rotolini)
200 g farina di mandorle acquistata, arricchita da
50 g fra mandorle amare (una 20ina), mandorle dolci e la granella fine di nocciole avanzata dal taglio a coltello, tutte tritate dopo un passaggio in freezer,
135 g zucchero semolato,
135 g zucchero a velo (in futuro valutare se rifarlo con la maggior parte di zav),
1 albume (quello avanzato dalle 3 uova dell’impasto)
Impastare tutto a freddo, avvolgere in pellicola e riporre in frigo.

Per la copertura (100 g circa)
40 g burro fuso,
40 g zucchero a velo
un po’ di zucchero semolato
Procedimento
Sera poolish aromatizzato con:
130 g di latte a temp. ambiente,
70 g di farina,
60 g di lievito madre rinfrescato con latte qualche ora prima,
metà delle spezie polverizzate,
buccia grattugiata di 1 limone,
un pizzico dei sali presi dal totale.
Messo in frigo in un pile nel reparto verdure (ho lasciato in frigo per circa 15 ore).
Immersi intanto frutta secca e canditi in acqua fredda e liquore secco di arancia (non avendo altri liquori, l’ho fatto da sola, mettendo a macerare della buccia di arancia in alcool a 95°) e riposti in frigo.

Durante il riposo del poolish in frigo intanto ho rinfrescato di nuovo la pasta madre (sempre con latte) per poterla utilizzare di nuovo bella pimpante per il preimpasto successivo.
Il mattino dopo (o dopo 8 ore) ho preparato un preimpasto con i
60 g di latte rimanente,
60 g di farina,
120 g pasta madre, sempre rinfrescata con latte,
8 g miele e
pizzico di sale.
Lasciar gonfiare a temperatura ambiente (oppure fare come me: ho messo in frigo anche questo preimpasto per 7-8 ore circa, oltre al poolish che continuava a stare in frigo).
Passate le ore ho tirato fuori contemporaneamente sia il poolish aromatizzato (è stato circa 15 ore in frigo) che il preimpasto (circa 7-8 ore in frigo).
Tutti e due si erano alzati di livello di un paio di cm.

A sinistra della foto il poolish di 15 ore di frigo – a destra il preimpasto di quasi 8 ore di frigo.
Ho preparato tutti gli ingredienti, e impastato il tutto (con il gancio a foglia) inserendo prima le uova con il poolish, il preimpasto e parte della farina, poi gli ingredienti rimasti – sempre un po’ alla volta- e lasciando alla fine i sali, poi il burro ammorbidito, aromatizzato con le restanti spezie/zenzero.
Raggiunta l’incordatura (e dopo parecchi capovolgimenti per ossigenare l’impasto + un breve riposo in frigo mentre pensavo ad asciugare la frutta) ho sostituito la foglia col gancio a spirale per rifinire.

Infine ho unito, con pochi e lentissimi giri di planetaria le nocciole + la frutta secca/canditi ammollati dopo averli ben asciugati con scottex, leggermente infarinati e scrollando via l’eccedenza di farina in uno scolapasta.

Prima di mettere in frigo per tutta la notte (o almeno 8 ore come ho fatto io) bisognerebbe aspettare 40 minuti circa a temperatura ambiente per far partire la lievitazione.
Io invece ho preferito mettere da subito in frigo in quanto fra capovolgimenti e breve riposo in frigo dell’impasto fra una lavorata e l’altra, sono stata dietro a questo impasto per quasi 2 ore.
Il mattino successivo ho spostato l’impasto a temperatura ambiente per qualche tempo prima di lavorarlo (si suggerisce anche fino a mezza giornata per farlo tornare lavorabile, ma io l’ho lasciato a t.a. soltanto 1 h e mezza circa).
Ho spezzato in 3 pezzi, preformato a sfera e coperto a campana per 20′.
Poi ho messo di nuovo in forza, “pirlando” ciascuna sfera di impasto, ho coperto di nuovo a campana e aspettato ancora 20′.
Ho formato quindi a filone stretto e aspettato altri 15′ per dare la forma definitiva.
Ho infine appiattito a rettangolo con le mani leggermente unte, lasciando più gonfio uno dei due lati, e ho inserito una barretta di marzapane preparata come descritto sopra.

Ho disposto su teglia con dei divisori fatti con cartaforno e ho fatto lievitare al tiepido (in forno con sola lucetta accesa) per circa 5 ore (è un impasto che non deve raddoppiare).
In totale i miei stollen, dalla prima lievitazione dell’impasto in frigo, alla cottura, hanno lievitato “soltanto” per 16 ore.
Una volta pronti, ho pennellato con latte misto a un po’ di albume e portato il forno a 220°C scendendo subito a 190°C una volta infornato (ho deciso per questa temperatura perché gli stollen erano 3, e poi il mio forno è un po’ moscetto.. voi vedete col vostro..)
Ho fatto cuocere per circa 50 minuti, ruotando la teglia dopo 30 minuti circa.

All’uscita dal forno, ho pennellato abbondantemente con burro fuso (anche sotto, manovrando con delicatezza che è morbido), spolverato da tutte le parti prima con zucchero semolato e poi con zucchero a velo.
Fatti freddare per alcune ore.
Al momento di regalarli si possono avvolgere nel cellophane e infiocchettarli come da tradizione.
Prima dell’infiochettamento però è bene avvolgere i filoncini in carta-alluminio per la conservazione al fresco.
Conservare in un ambiente fresco di casa (o, visto che siamo in inverno, direi che va bene far riposare in balcone se non esposto al sole) come minimo per un paio di giorni prima di consumare, anche se a parer mio, soltanto dopo almeno una settimana si uniformano gli aromi delle spezie/frutta.
Le donne tedesche sembra che preparassero questo dolce per l’8 dicembre e lo nascondessero fino all’arrivo del Natale per non farlo sbafare dai familiari (però a quelle latitudini fa più freddo; da noi, secondo me, con tutto quel tempo si corrono rischi di muffe.. fate attenzione).
Mi ha fatto piacere tuttavia fornirvi la ricetta di Continisio (una certezza in materia bianca 😉 ) modificata da me con lievito naturale solido, per darvi modo, se voleste provare a farlo, di riuscire a prepararlo anche voi e consumarlo prima della fine di queste feste natalizie.
Buone Feste 🙂
P.S. DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 – H. 01,58
Ed eccomi con le foto delle fette e le conclusioni…
Non ce l’ho fatta ad aspettare di più, e quasi allo scadere del 6° giorno l’ho tagliato, anche perché è la prima volta che lo faccio e con tutta quella deliziosa frutta umida, avevo paura di eventuali muffe.
Come dicevo qualche paragrafo sopra, ho pensato che il suggerimento che ho trovato da diverse fonti, circa la conservazione al fresco/asciutto, non può adattarsi al clima mite di Roma, ben diverso da quello gelido del Nord-Europa.
Infatti ho letto diverse recensioni che denunciavano che a molte persone si ammuffisce… quindi regolatevi.
Uno l’ho lasciato in balìa di parenti e amici buongustai, e gli altri due, tagliati a metà li ho surgelati.
Il sapore non mi ha tradito: non ha la sofficità di quello assaggiato lo scorso anno (in futuro voglio fare una prova col procedimento milk-TZ o milk-roux), ma ha una consistenza “fondente” e le spezie si sono amalgamate alla perfezione: nessuna prevale sull’altra (o forse, leggerissimamente, la cannella).

Sono contenta di aver mantenuto le nocciole come nell’impasto olandese, tanto l’aroma della mandorla del marzapane è predominante, probabilmente anche per via del profumo unico delle mie mandorle amare.
Se non amate troppo le mandorle potrete …
omettere le mandorle amare,
oppure fare il salsicciotto più piccolino,
o toglierlo del tutto (sotto, come appare una fetta senza il marzapane all’interno),

ma è un peccato togliere il marzapane 🙁 : è di una golosità unica!!
.. e ricordate se lo fate: gustatelo a fettine sottili
Fonte 23.XII.2014