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COPPO – Antico Sistema di Cottura

Ho preso in prestito il “modus” di cottura di uno degli strumenti che ho visto usare alla mia amica abruzzese storica, Teresa.
Solo che lei lo usa sul camino, mettendoci sotto una teglia con del cibo … io l’ho voluto per il mio pane cotto in forno.

Questo è il coppo della mia amica dal quale ho preso spunto per farlo produrre come si vede sopra

Ho stralciato una parte letta su “Il Gambero Rosso“, ma sicuramente qualcuno sa già di cosa si tratta:

Cottura sotto il coppo
La pizza scima abruzzese è uno degli esempi più tipici, ma sotto il coppo venivano cotte anche patate, carni e verdure. Oggi tecnicamente non si usa più per motivi di igiene ma sono ancora molte le famiglie che custodiscono gelosamente questo strumento per conservare i sapori di una volta: questo tipo di cottura, infatti, permette di ottenere prodotti croccanti e profumati, dal gusto intenso e deciso. Ma cos’è esattamente il coppo? Si tratta di un coperchio concavo in ferro spesso e dotato di manico, un utensile di origini antiche che permette di cuocere gli alimenti sotto la brace in maniera uniforme, lenta e costante. Il cibo viene coperto dal ferro e poi inserito direttamente nel camino o comunque sotto la brace.

Antica cottura (da foto di una discussione pubblicata in questo mio post)

Ho prima fatto una ricerca in rete per vedere chi lo produceva.
Naturalmente il solito Amazon ne aveva a iosa, ma io lo volevo “a misura” (ricordo che se ci sono parti sporgenti dalla piastra utilizzata si vanifica l’umidità creata sotto la volta).
Ho contattato uno dei venditori … et voilà.

Aggiungo il contatto e-mail del piccolo produttore al quale mi sono rivolta: info@gldforniture.it

Ho pensato che facendomi fare questo “coperchio” di ferro a misura, avrei potuto cuocere in maniera salutare e in contemporanea le mie due pagnotte settimanali da quasi un chilo l’una.
Solitamente le cuocio una per volta nella pentola di ghisa (dove vengono strepitose), ma per risparmiare energia elettrica ho voluto simulare una cottura in “Dutch Oven” e cuocerle in una sola infornata.

Prima di cuocere ho pensato di bruciare questo interessante utensile, come faccio per le teglie da pizza in ferro (un’operazione che di tanto in tanto sarà meglio ripetere per evitare punti di ruggine dovuti alle vaporizzazioni che do al pane prima di coprire).

Una volta “bruciato” ho portato a temperatura il coperchio, la piastra molto sottile del mio forno Effeuno P134H, e anche un’altra piastra di cordierite che ho posizionato sopra al coppo (ho pensato che successivamente mi avrebbe fatto gioco per mantenere la temperatura elevata raggiunta, durante la fase dell’infornata).

Ho visto che le pagnotte hanno un bello sviluppo – specialmente se si vaporizzano prima di mettere il coperchione – e credo che questo simpatico “coppo” diventerà uno dei miei utensili-da-compagnia molto affidabili.

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Barella autocostruita (pala per pizza)

Eh sì! Nonostante le iniziali critiche del marito che mi ha presa in giro per voler affrontare questa realizzazione (salvo poi partecipare con l’idea vincente della cerniera), mi sono cimentata nel prendere spunto per auto-costruirmi questo attrezzo: una “pala” che ci semplifica la vita, specialmente per lievitati ad alta idratazione come pizze alla pala o pane.
Sto riprendendo da poco a infornare pizze e mi sento ancora novellina in materia, ma vi assicuro che da quando ho questo attrezzo, nessuna pizza mi si è più accartocciata né per “salire” sulla pala, né per essere poggiata sull’argilla refrattaria!!

Per chi non lo conoscesse questo è l’utensile ideato dagli americani, al quale l’autore de La Confraternita della Pizza si è ispirato (e che io ho rivisitato a mia volta), per riprodurre in casa la “barella”per infornare lievitati (un po’ come la “lettiga” già usata dai nostri fornai).
Da segnalare che, qualora non vi fosse possibile autocostruirvi questo utensile, nello Store del forum LCDP ora si può anche acquistare.
Io per adesso mi accontento di questa!

Mi sono regolata in base alla mia argilla refrattaria di cm. 40 x 30 x 4 che solitamente posiziono in verticale rispetto al forno, e ho utilizzato una lastra di compensato più piccola, ma vi rimando al link dell’autore per ulteriori dettagli e misure (perfetti per il mio nuovo forno professionale della Effeuno).
Ho voluto anche realizzare un manico lungo che mi evitasse ustioni nell’infornare!

Da segnalare che – visto che anche il mio forno casalingo lo permette – io poggio la pietra su una griglia facendo si che il lato corto tocchi il retro/fondo del forno.
Praticamente sulla destra e sulla sinistra della pietra resta molto spazio.

Questo per dire che la forma della pala/barella autocostruita è adatta per essere infornata in verticale!!!

La spesa è stata praticamente nulla: avevo tutto in casa.

Occorrente per questa realizzazione (in base a quello che avevo in casa):
– 1 tavola multistrato almeno di cm. 40 x 30 x mm. 6;

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Vecchia lastra di compensato riadattata allo scopo

– 3 pezzi di multistrato da mm. 6 di spessore per fare il manico a baionetta che ho fatto uscire di 9 cm. dalla barella (2 da cm. 15 x 5 e 1 da cm. 9 x 5 che ho ricavato da una vecchia scatola di sigari cubani). Da notare che, almeno la lastra centrale più corta delle altre due, dovrà necessariamente avere lo stesso spessore del pannello che poi diventerà la nostra pala; in questo caso dovrà necessariamente essere di 6 mm di spessore;


– 1 telo forte 100% cotone bianco circa cm. 84 x 32 o più (io ho diviso in due un vecchio asciugamano da circa 90 x 70 per realizzarne uno in più di ricambio);


– 2 aste di legno piccole da cm. 30 x 2 x 1;

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è si-WP_20190911_17_52_34_Rich-1-1024x548.jpg


– 1 asta di legno grande da cm. 44 x 4 x 2;

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è si-WP_20190911_17_52_55_Rich-1-1024x514.jpg


– 2 dorsi da cancelleria da cm. 30 di metallo (per ora ho risolto con quelli in plastica e anche con le alte temperature, per il momento, non si sono danneggiati: sono comunque coperti dal telo);


– 2 molle da cancelleria da cm. 5;

– una cerniera;


– vinavil, seghetto, taglierino e una bella lastra di legno vecchia sulla quale lavorare liberamente senza paura di rovinarla!


Procedimento:

– Tagliare con un taglierino/seghetto il foglio di multistrato creando una pala di dimensioni cm. 40X30; lisciarla su tutti i lati e gli angoli;

– sistemare i 3 piccoli pezzi di multistrato e incollarli fra di loro per realizzare il manico a baionetta della pala; incollarli poi incastrandoli sulla pala;

– Inserire i dorsi da cancelleria tagliandoli dove necessario.
Questo serve per garantire che non ci sia attrito quando faremo scorrere il tessuto sulla pala per posare la pizza sul fondo del forno;

– Tagliare il telo di cotone in questo modo, ricucendo i bordi per evitare che si sfilaccino col tempo (non so se è meglio, ma li ho appositamente fermati senza creare un orlo, per non creare spessori non voluti);
 

– Creare una piccola tasca all’estremità ripiegando la parte superiore del telo, dove andremo ad inserire una delle due aste di legno piccole;
– L’altra asta andrà a combaciare sulla prima, ma al di fuori della tasca di cotone;
– La tasca, le aste e i lembi di stoffa sovrapposti verranno tenuti uniti dalle molle nere;
– Unire telo e foglio di multistrato in questo modo
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– Se non volete cucire, inserite le molle per bloccare il tutto, altrimenti cucire i due lembi all’altezza dell’impugnatura (dove abbiamo inserito il manico di legno).
Consiglio comunque di non cucire perché sia facilitata la rimozione del telo sporco quando si deve lavare.

– Al centro dell’asta piccola esterna ho applicato una cerniera che mi permettesse di fissare un’asta abbastanza lunga che mi facesse da manico, per evitare le ustioni nell’avvicinare troppo le mani al forno;

Alla fine dovreste ottenere qualcosa del genere (o sicuramente migliore).
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Apertura totale della pala con il lievitato da infornare (in questo caso non avevo nulla e ho messo un piatto a dimostrazione).

Come avete visto è tutto molto semplice e personalizzabile secondo le proprie esigenze.

Basta poco per migliorarla, come ad esempio farsi arrotondare da un falegname i bordi della pala, così eviterete di mettere i dorsi da cancelleria, oppure utilizzare un foglio di multistrato più spesso se di solito infornate pizze molto pesanti.

E’ molto utile per stendere pizza e pale e ricoprire tutto lo spazio a disposizione della piastra di argilla refrattaria.
Così come stenderete sulla pala così vi ritroverete la pizza appoggiata sulla pietra.
Garantito.

 

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Morte di una mitica gemella: Margherita Simili

… è con dispiacere che oggi – 25 marzo 2019 – ho appreso della morte di una delle gemelle Simili, ambasciatrici nel mondo della cucina bolognese e della cultura del pane e della sfoglia.

Valeria e Margherita Simili Se ne è andata Margherita (la signora che vedete sulla destra).

Le potete vedere qui per la presentazione di uno dei loro libri.

In questa foto sono ad un loro corso, tenuto qui a Roma nel novembre 2008 – “Pasta & Roba Dolce” – dove ho avuto la fortuna di conoscerle.

Ricordo che le care sorelle “abarth” lavorarono e ci fecero lavorare tantissimo, ma quante cose imparammo….

E qui, la dedica sul loro libro “Pane e Roba Dolce”, alla quale tengo molto.

 
La mia pasta madre, che proprio in questo mese compie ben 11 anni, l’ho costituita secondo i loro suggerimenti.
Non c’è molto altro da dire se non un ringraziamento per tutti gli insegnamenti avuti da chi, come me, ama stare con le mani in pasta!
 

Ciao MARGHERITA

 
Fonte: Il Resto del Carlino
Su Il Gambero Rosso, un servizio sulla loro vita

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Pectina-bio casalinga

 Nel periodo delle marmellate ho preparato anch’io la mia versione di pectina-bio casalinga.
L’input principale l’ho preso da un vecchio consiglio del 2006 di Cookaround, ma in rete è pieno di metodi da seguire.
Fino ad oggi non avevo mai usato pectina acquistata, né tantomeno preparato quella fatta in casa.
Ho proceduto quindi ad una prova con le mele raccolte nel paesello di mia nonna, nell’entroterra abruzzese (sono asprigne e non ci vado matta, ma sono biologiche al 100%).

Ho letto che la pectina è contenuta principalmente in alcuni tipi di frutta, quali mele, ma anche prugne,  agrumi, uva e ribes.
A quanto pare i torsoli e le bucce delle mie mele poco mature (e gratis, aggiungo) sono una buona fonte di pectina e quindi ho proceduto con queste.
Ho sbucciato grossolanamente le mele.
Ho messo via la polpa irrorandola con un po’ d’acqua e succo di limone per non farle annerire e mangiarle in un paio di giorni (o farne una torta di mele, ecc.).
Non utilizzerò infatti la polpa per fare la mia pectina!
In una pentola ho messo tutti i torsoli e le bucce ricavate dalle mele (600 gr circa), più un limone piccolo intero (polpa, semi e buccia, tranne l’albedo – la parte bianca che è amara – anche se è una parte degli agrumi piena di pectina: la prossima volta la metto), coprendo il tutto a filo con acqua.
Ho fatto bollire coperto per 40 minuti (qualcuno si spinge fino a un paio d’ore) dopodiché ho messo tutta la brodaglia a scolare per 12 ore (senza pressare), con un passino e dei tovaglioli, in un´altra pentola.
Dopo 12 ore ho portato di nuovo a ebollizione e ho fatto restringere il liquido fino ad ottenere un terzo di quello iniziale (almeno 30 minuti).
Risultato: ho ottenuto oltre 200 gr di “succo di mela” asprigna.
Per la conservazione ho trovato tre modi di procedere:

  • Versare questo liquido bollente in barattolini sterilizzati, con coperchi sterilizzati e conservare in frigorifero, chiuso, per un mesetto (a differenza della marmellata questo composto non contiene zuccheri tali da permettere una lunghissima conservazione!)
  • Per sicurezza si potrebbe far bollire nuovamente i barattolini per almeno 20 minuti dall’ebollizione, frapponendo fra questi degli stracci per non farli rompere
    In una preparazione successiva ho deciso di sterilizzare ulteriormente i barattolini di pectina
  • Ultima possibilità, porzionare e congelare il liquido ricavato.

La consistenza non è esattamente acquosa; diciamo che ricorda di piú i succhi di mela comprati, quando, nel fondo della bottiglietta, si vedono anche dei residui polposi.
La dose da utilizzare per ciascun tipo di frutta è da zero a 200 gr di pectina per 1 chilogrammo, a seconda del tipo di frutta utilizzato per fare la confettura/marmellata (in questo messaggio una interessante tabella per orientarsi).
In alternativa a questa preparazione si potrebbe adottare il metodo consigliato in alcune ricette: mettere il torsolo con i semini e le bucce in una garza o in un pezzo di mussola, chiudere a sacchetto e legarlo al manico della pentola, lasciandolo ricadere appeso all’interno della pentola stessa, e cuocere insieme alla marmellata, per poi togliere il tutto a fine cottura, prima di invasare.
 

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Cachi essiccati – Hoshi gaki

Ciao,
avete un albero di cachi e, se pure vi piacciono, non potete certo mangiarli tutti e subito perché sono troppi e allappano?

Niente paura: il Sol Levante ci viene in aiuto, anzi, Anna, una pugliese che da un paio di decenni vive nella ridente Fukuoka, ci spiega il procedimento passo-passo.
Ecco qui il suo post esplicativo …
E questi sono i cachi che ho appeso dentro casa.
Ora è autunno, periodo di piogge, dovrei continuamente “entrarli e uscirli” per farli stare fuori soltanto durante il bel tempo e non mi sembra il caso. Si rovinerebbero se prendessero l’acqua.
Quindi magari ci metteranno di più a maturare in  casa, ma preferisco non correre rischi.

Quindi, ricapitolando: sbucciate i vostri cachi facendo attenzione a lasciare il picciolo che servirà per farci passare il filo al quale potremo appenderli.
A me era venuta anche l’idea di infilzarli con stecchini da spiedini e metterli a mo’ di fiore in un vaso. Carina l’idea. Si potrebbe provare no? Un po’ l’ikebana del cachi 😉
A presto (diciamo una mesata…) per vedere come diventeranno i nostri Hoshi gaki
 
p.s. di qualche giorno dopo.
A distanza di 8-10 giorni, i cachi tenuti da subito in casa stavano facendo una patina scura che non mi piaceva. Probabilmente sarebbe stato meglio lasciarli fuori in balcone a prendere sole e vento.
Ho comunque provato ad aprirne uno per assaggiarlo: era giá delizioso (forse proprio grazie al fatto di essere maturato presto in casa).
Peccato che la “nuova buccia” sia molto spessa e si riesca a mangiare soltanto una parte centrale relativamente ridotta del frutto.
Diciamo che vedo questo metodo se si hanno grossi quantitativi di cachi, e soprattutto suggerirei di prepararli scaglionando i lotti da appendere.

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COSMETICANDO, casa e persona VARIE - Quel che resta, e non è poco

Aloe arborescens – efficace doposole e non solo

Incuriosita dalle decantate virtù di questa pianta, tempo fa mi sono convinta a comprare un’ Aloe Arborescens Miller di circa 5 anni, per averla sul balcone.

Per guarigioni miracolose non so, ma da mia testimonianza diretta vi assicuro che per un’estate intera, prendendo qualche foglia qua e là (l’isola greca dove soggiornavo ne era piena), e spalmandomi sul corpo dopo la doccia l’interno gelatinoso di una foglia spellata, mi sono salvata non solo dalle ustioni, ma addirittura non ho avuto neanche la classica spellatura alle spalle di fine stagione!
Ne ho fatto anche un gel cosmetico (sembra che anche in questo caso l’aloe arborescens abbia molte più proprietà rispetto all’aloe vera)  ma è da tenere in considerazione che, a prescindere dai conservanti che ho utilizzato, analogamente a qualsiasi altro infuso da pianta fresca anche l’aloe è soggetta a ossidazione, quindi problematica da utilizzare in tal senso.
Se può essere utile, ho comprato qui la pianta, ma ci sono altri posti certificati in Italia dove viene coltivata biologicamente.
Per chi fosse interessato poi, c’è questa ricetta dello sciroppo di P. Zago.
Io l’ho preparato per un periodo, diciamo senza nessuna pretesa di guarigioni mirabolanti per qualche malattia particolare (oddio, se mi ringiovaniva di una 30ina d’anni  sarei stata contenta, eh?!) ma solo perché appunto, sono curiosa di fare nuove esperienze.
INGREDIENTI
350∼500g miele d’api biologico (meglio se di castagno o comunque non millefiori)- minimo 46,66%
40-50ml di distillato (circa 6 cucchiai monocultivar di grappa, cognac, whisky, ecc.) – minimo 5,33%
350g Foglie di Aloe Arborescens bio: 3-5 foglie o più, fino a raggiungere il peso – minimo 46,66%
PREPARAZIONE
Raccogliere le foglie necessarie di sera, nell’oscurità, avendo avuto cura di innaffiare la pianta qualche giorno prima, e non a ridosso della raccolta.
Lavorare tutto in penombra (ad esempio con la sola luce della tv, onde evitare di avviare velocemente l’ossidazione delle foglie tagliate).
Togliere le spine dai bordi delle foglie e la polvere depositatasi, utilizzando uno straccio strizzatissimo-appena umido o una spugna.
Tagliare a pezzi le foglie (senza togliere la buccia) e metterle nel frullatore assieme al miele e al distillato prescelto.
Frullare bene e il preparato è pronto per il consumo (l’ho fatto nel bimby).
Non filtrare, né cuocere.
Il frullato ottenuto deve essere messo in frigorifero in un barattolo scuro, ben chiuso (ho schermato il barattolo di vetro con un foglio di alluminio).

Rifatta di recente 1/4 della dose consigliata (preferisco rifarlo spesso!)

DOSI E MODALITA’ CONSIGLIATE SECONDO PADRE ROMANO ZAGO
Agitare bene prima dell’uso.
Avendo cura di aprire il barattolo in zona buia, prendere un cucchiaio da tavola 20 o 30 minuti prima dei tre pasti principali (colazione, pranzo e cena).
Una volta iniziato il trattamento è importante assumere tutto il contenuto del barattolo.
Appena finito, è consigliabile sottoporsi a una visita medica per verificare eventuali miglioramenti.
Il risultato delle analisi offrirà indicazioni sugli effetti ottenuti e suggerirà la procedura da seguire.
Se i risultati dovessero dimostrare che non ci sono stati miglioramenti con il primo barattolo, è necessario ripetere l’operazione dopo una pausa di 5-10 giorni. Tale ciclo dovrà ripetersi tante volte quante sono necessarie per eliminare il male.
Soltanto dopo i primi quattro tentativi senza esito positivo si deve ricorrere ad una dose doppia, cioè due cucchiai prima di ogni pasto.
– Dal canto mio posso dirvi che per fare lo sciroppo ho letto che il miele migliore (biologico), sia quello di montagna di castagno… e comunque mai il millefiori.
– La grappa (meglio se biologica) da usare è meglio quella proveniente da un solo tipo di uva…
– La raccolta e lavorazione va fatta quanto più possibile al buio o quasi, e si deve anche bere al buio!
– Le foglie vanno raccolte quando non si innaffia da almeno qualche giorno, altrimenti si “annacquano” anche le proprietà (accidenti quante ne vuole ‘sta pianta eh?!!!)
Per altre notizie si rimanda – oltre che alle informazioni della rete – soprattutto ai consigli dei propri medici prima di intraprendere qualsiasi iniziativa.

*******

Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).
Fonte 16.VII.2012

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Stevia? Perché no!

Girovagando online mi sono imbattuta in questa pianta dalle proprietà dolcificanti elevatissime.. illegale in Europa fino a poco tempo fa…

La diffusione capillare di questo prodotto non giova certo ai grossi produttori di zucchero di barbabietola o di canna, o alle case produttrici di dolcificanti di sintesi… questi si, quasi tutti veramente deleteri per la nostra salute!!!
La stevia invece, utilizzata da secoli è del tutto naturale (che poi anche il cianuro sia naturale ma leggermente … pericoloso.. se ne può sempre parlare)
Insieme ad un’amica cookina ho comprato delle cose online e ho approfittato per prendere qualche bustina di foglie secche …
…e intanto proverò a fare un estratto liquido da usare come dolcificante supernatural!!!!
… ma potremo sbizzarrirci ad usarlo come sostituto dello zucchero – quando possibile – nelle nostre ricette!!Con l’occasione, vorrei citare questo thread di _*Paola*_ (dove è previsto il dolcificante tic, perché non provare con questo estratto?!)Ieri sera sono già partita con un minimo, avendo poco alcool a 95° in casa, ma ho seguito questa traccia per le dosi…
Ingredienti:
– 1 litro di alcool a 95°
– 350 grammi di foglie fresche di stevia (o 100 gr di foglie secche o polvere)
– 350 gr d’acqua in caso di foglie fresche (o 500 gr per le foglie secche o polvere)

Preparazione:
L’estratto si prepara mettendo 350 gr di foglie fresche (o 100 grammi di foglie secche o polvere), in un litro di alcool a 95° e lasciando macerare il tutto per 15 giorni (12 giorni se foglie secche).
Successivamente si filtra la soluzione e la si diluisce aggiungendo 350 gr di acqua (o 500 gr se foglie secche o polvere).
A questo punto si fa evaporare l’alcool, riscaldando la soluzione a fuoco lento per evitare che possa infiammarsi.
Poi si procede concentrando la soluzione facendola bollire (quindi a fiamma vivace) fino a raggiungere la consistenza di uno sciroppo .
Ovviamente più l’estratto è concentrato, più è dolce.
E’ stato stimato che 200 grammi di sciroppo (ottenuto da 1 litro di alcool) abbia un potere dolcificante pari a circa 14 chili di zucchero (saccarosio)!
Immagino che una volta ottenuto lo sciroppo di stevia, lo doserò con un contagocce.. vado alla ricerca di qualcosa di adeguato e .. ci rivediamo fra qualche giorno, quando il mio estratto sarà pronto….

Fonti per saperne di più:
Fonti per saperne di più:
ecospugne.altervista.org/blog/archives/category/stevia-rebaudiana/
oppure qui
xmx.it/stevia.htm
Sito dove ho acquistato la stevia in foglie secche:
madavanilla.de/shop/catalog/browse?sessid=JVs42l8t5Rjz4LQ0EngyXJr9zOc4NuEeay97 bI4Em4P9RLcLFyVX23GtAUY4UGEj&shop_param=ecid%3D51% 26
Dove si possono trovare i semi:
ebay.it/itm/270644677185?ssPageName=STRK:MEWAX:IT&_trksid=p398 4.m1423.l2649#ht_500wt_1180
Dove si possono trovare anche le piantine:
ebay.it/sch/Giardino-e-Arredamento-Esterni-/2032/i.html?LH_BIN=1&LH_PrefLoc=2&_nkw=stevia&_catref=1 &_dmpt=Semi&_fln=1&_sc=1&_sop=15&_trksid=p3286.c0. m282
Qui trovate un altro studio che sta conducendo una cookina per l’applicazione alle ricette dolci (forse appoggiata a giallo-zafferano..):
blog.giallozafferano.it/zuccheroespezie/
Altro sito – stavolta italiano – dove acquistare compresse, polvere, estratto, foglie:
stevia-italia.com/prestashop/
ricordatevi, copiando gli indirizzi, di anteporre sempre il www.
 

Ecco qualche foto degli sviluppi:

dopo un paio di giorni di riposo con scuotimento giornaliero della bottiglia (foto cliccabili)

esattamente dopo 12 giorni sempre con mescolamento quotidiano (foto cliccabili)

dopo aver filtrato l’estratto, ho fatto ritirare in un pentolino, prima a fiamma bassa per far evaporare l’alcool, e poi più vivacemente, per ridurre a sciroppo (forse avrei dovuto ridurlo di più, ma mi ero stancata)

per trasferire nei flaconcini (che hanno un’imboccatura piccolissima), mi sono aiutata con un imbuto e un beccuccio di una sac-a-poche
ed ecco i miei flaconcini (non ho misurato la capacità, ma il più piccolo misura 8 cm e mezzo di altezza, il più grande, 14 cm)
NON SO SE PER IL FATTO CHE L’ESTRATTO NON SIA VENUTO TROPPO CONCENTRATO, MA DEVO DIRE CHE IL RISULTATO
– COME DOLCIFICANTE, ALMENO NEL CAFFE’
NON MI HA ENTUSIASMATO!!
UNA COSA, STRANISSIMA: QUESTO ESTRATTO DI STEVIA SEMBRA CHE LASCI AMAROGNOLI I LIQUIDI DOLCIFICATI – PUR SE SUCCESSIVAMENTE LASCIA UN GUSTO DOLCE AL PALATO.. UNA SORTA DI ILLUSIONE DI DOLCEZZA… O DI .. DOLCEZZA RITARDATA!!!
SE QUALCUNO VUOLE INTERVENIRE CON QUALCHE DRITTA, BENVENGA!!
Altro giro, altra corsa..
alla prossima proverò a dolcificare direttamente con le foglie secche tritate finemente
.. a presto per i risultati…

Intanto ecco dei muffin dietetici

***
Aggiornamento del gennaio 2013:Sto usando foglie di stevia polverizzate (nel bimby) e con mia sorpresa mi sto trovando moooolto bene …
Sarà che ho optato volutamente per questa scelta piuttosto che per l’aspartame, per seguire la mia dieta?
… sentiste una spolveratina di stevia in foglie polverizzata + una spolveratina di cannella su un semplice yogurt magro naturale
… lo trasforma!!!
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Evviva la cottura passiva!

Della serie, gas acceso per 2 minuti o poco più e, la pasta è pronta!
Magari lo sapevate già. Per me fino a poco tempo fa era una novità!
Lo scorso anno, quando Francesco, un mio collega raccontò la cosa, e non avendo mai fatto studi di chimica, ho pensato che scherzasse.
Mi è passato di mente fino all’altro giorno, quando ho voluto provare questo metodo di cottura (denominata anche “pasta senza fuoco”, che sembra invece fosse già conosciuto alla fine del 1700).

Avevo dei rigatoni – tempo di cottura: 14 minuti
Quale pasta migliore da testare, se non una buona pasta italiana che tenesse la cottura?
Per par condicio inserisco anche la foto di una pasta diversa, altrettanto buona!

Il necessario:
– la pasta che preferite
– una pentola, preferibilmente con fondo doppio o triplo, e relativo coperchio (possibilmente ermetico o comunque pesante per non far fuoriuscire il vapore)
– acqua per la cottura (meglio se abbondate, soprattutto se la pentola non ha il fondo spesso…)
Ed ecco il procedimento semplice-semplice, che più semplice non si può:

  • una volta giunta ad ebollizione l’abbondante acqua necessaria per cuocere la nostra pasta quotidiana, ho salato, mescolato, versato i rigatoni e ho lasciato a fiamma vivace (pentola scoperta)
  • ho aspettato una manciata di secondi perché l’acqua riprendesse a bollire
  • da quel momento ho mescolato per 2 minuti (puntate il timer: io ho solo quello del forno, non precisissimo, quindi ho contato fino a 120!!). Questa pratica del rimescolamento è suggerita per evitare che l’amido rilasciato dalla pasta la faccia attaccare al fondo della pentola.

A questo punto ho spento il gas, ho coperto la pentola e aspettato che la pasta terminasse la cottura a fiamma spenta per il tempo residuo scritto sulle istruzioni (quindi ho impostato il timer del forno per altri 12 minuti). Ah! Non vi fate tentare dal riscoperchiare la pentola e girare la pasta: si abbasserebbe  oltremodo la temperatura dell’acqua, mentre a noi serve che resti almeno al di sopra di 80°C (il nostro amico “chimico di quartiere” docet)
Appena suonato il timer ho scolato e, tutto qua!
La pasta si è cotta perfettamente e pur se il risparmio di gas non sia elevato è pur sempre una notizia in più da sapere.
******
Una nota di Ladycrazy per la cottura del riso
Cottura del riso anche da parte di Nico, ma per la pastiera
Grazie a Ladyleo, un paio di spunti anche sul pollo, qui e qui (ma ho qualche riserva relativa ai batteri, quindi … “occhio!!!”)
Qui Guadalupe con i suoi fagioli secchi
… e Nanino con le sue verdure

Fonte 06.IX.2012

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Menù fase attacco Dukan

Tratto dalla VI edizione del libro “La Dieta Dukan”..

Menù per una settimana nella fase di attacco con le proteine pure
PER TUTTA LA SETTIMANA
Colazione
Caffè o tè con aspartame
+ a scelta: 1 o 2 yogurt magri o 200 g di formaggio fresco magro
+ a scelta: 1 fetta di tacchino, pollo o prosciutto magro o 1 uovo alla coque o 1 budino di latte scremato o 1 crèpe di crusca di avena
Spuntino di metà mattina (facoltativo)
1 yogurt o 100 g di formaggio fresco magro
Spuntino di metà pomeriggio (facoltativo)
1 yogurt o 1 fetta di tacchino o entrambi
LUNEDI’
Pranzo
Uova sode con maionese
Hamburger alla tartara
2 yogurt o 200 g di formaggio fresco magro
Cena
1 pugno di gamberetti con maionese
Soufflé di pollo
1 budino di latte scremato o 1 yogurt
MARTEDI’
Pranzo
Insalata di manzo in salsa vinaigrette
Salmone crudo alla giapponese
Cena
2 yogurt o 200 g di formaggio fresco magro
Granchio farcito*
Vitello in salsa bianca
1 budino di latte scremato o 1 yogurt
MERCOLEDI’
Pranzo
1 porzione di surimi
1 coscia di pollo
1 budino di latte scremato o 1 crèpe di crusca d’avena
Cena
Fegatini saltati
Coniglio alla senape
Isola galleggiante o 200 g di formaggio fresco magro
GIOVEDI’
Pranzo
1 fetta di salmone affumicato
Costata di vitello in padella
Crema al caffè
Cena
Salmone crudo marinato
Cozze alla marinara
1 budino di latte scremato o 1 yogurt
VENERDI’
Pranzo
4 fette di bresaola
1/2 galletto arrosto
2 yogurt o 200 g di formaggio fresco magro
Cena
Aspic di uova al prosciutto in gelatina
Granchio farcito
Isola galleggiante o 2 yogurt
SABATO
Pranzo
Uova ripiene di gamberetti
Trancio di pesce spada in padella
1 budino di latte scremato o 1 crèpe di crusca d’avena
Cena
Salmone crudo marinato
Lingua di manzo in salsa ravigotta
Crema al caffè
DOMENICA
Pranzo
Granchio farcito
Vitello in salsa bianca
Isola galleggiante
Cena
Insalata di manzo in salsa vinaigrette
Salmone grigliato da una sola parte
Crema al caffè
Fonte 12.VII.2013