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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Panini al latte a lievitazione naturale

Ho recuperato una vecchia ricetta di panini al latte di qualche anno fa che avevo eseguito con poolish di lievito liquido nella macchina del pane.
Ho preparato di nuovo questi versatili panini, questa volta con l’impastatrice, utilizzando un poolish partendo da pasta madre, ed è questa la ricetta che voglio proporre oggi.
Panini 2017
Ingredienti (per 16 pezzi da poco più di 50 grammi di impasto crudo per ciascun panino)
40 gr pasta madre bio al raddoppio
280 gr latte scremato delattosato (ho ricostituito del latte in polvere con un rapporto 1 : 6, ma naturalmente si può usare latte fresco. Utilizzare 30 gr per poolish + 250 gr per l’impasto)
50 gr acqua (40 gr per poolish + 10 gr per l’impasto se occorre)
25 gr zucchero chiaro di canna bio
440 gr farine (così composte: 320 gr grano tenero tipo 00 W350 Garofalo + 120 semola grano duro bio Ecor, setacciate insieme. Utilizzare 50 gr per il poolish + 390 per l’impasto)
40 gr burro Occelli
10 gr sali (9,50 sale + 0,50 bicarbonato per neutralizzare l’eventuale acidità della pasta madre)
Procedimento
Per il poolish con pasta madre (o mettenna come dicono gli abruzzesi):
40 gr pasta madre
70 gr liquidi (30 latte + 40 acqua come da descrizione negli ingredienti)
50 gr farine (prese dal totale delle farine setacciate insieme)
Per l´impasto:
tutto il poolish precedente
250 gr latte
25 g zucchero (sciolto in precedenza nel latte)
390 g farine
40 g burro ammorbidito
10 gr di acqua se l’impasto lo richiede (l’ho aggiunta)
10 g sali
Ore 19,00 del primo giorno:
Ho mescolato e frullato tutti gli ingredienti indicati per preparare il poolish.
Ho aspettato che raddoppiasse (ci sono volute circa 4 ore, con un temperatura in casa di 21-22°C)
Ore 23,00
Ho proceduto all’impasto lavorando per poco più di 10 minuti nell’impastatrice dopo aver inserito il poolish, il latte con lo zucchero giá sciolto dentro, le farine, il burro a pezzetti e i sali.
Ho coperto e fatto raddoppiare in una terrina a temperatura ambiente.
Ore 9,00 del giorno dopo
Passato questo tempo, ho ripreso l’impasto, rovesciato su spiano di silicone, l’ho appiattito, fatto delle pieghe, capovolto e lasciato riposare per 20-30 minuti coperto.
Ho stagliato poi pezzi da circa 50-55 grammi l´uno (se volessi farli piú piccoli dovrei abbreviare un pochino la cottura)
Ho formato le  palline, fatto qualche piega di rinforzo e dopo una sorta di “pirlatina” (come i panielli delle pizze) ho disposto in teglia su cartaforno, riparando con una griglia e coprendo con bustoni di cellophane.
Ore 10,00 inizio lievitazione.
Cottura – h. 15
Ho infornato a forno caldo statico a 200°C per 10 minuti con una teglietta con acqua bollente alla base del forno (molta acqua questa volta: serve per mantenere umiditá e morbidezza per tutto il tempo di cottura).
Poi ho abbassato a 180°C per 20 minuti ancora.
Quando posso evito la cottura dei semini ad alta temperatura (sviluppano sostanze dannose). Inoltre, per abbassare un po’ il quantitativo di acido fitico contenuto nei semi stessi (vedi qui), nella versione 2017 ho pennellato i semini di sesamo ammollati e scolati, inserendoli nella pappetta gelatinosa che descrivo sotto. Ho scoperto che con questo metodo restano appiccicati al panino un buon quantitativo di semini!!! 😉 (non amo troppo ricoprire i panini di semini vari – e la “ciciulena” in particolare la vedo semmai per le pagnotte di grano duro – ma questa volta do questa indicazione soprattutto per  avere un’idea di come fare per riuscire a far aderire quanti più semini possibile alla superficie.

Morbidezza e lucidatura dei panini
Per mantenere morbidi i panini, ed evitare (in questo caso) le antiestetiche crepe, pennellare con una soluzione insapore di gelatina sciogliendo 10 gr di amido in 50-60 di acqua.
Appena inizia ad addensare spegnere, aspettare che si raffreddi e pennellare prima di infornare e subito prima di sfornare (qui eventualmente aggiungere i semini di cui parlo sopra).
Dopodiché procedere eventualmente alla lucidatura.
Quando ho voluto lucidare i panini invece (a seconda dei destinatari), alternativamente li ho pennellati così:
tuorlo d’uovo
latte (o un misto di tuorlo e latte)
albume pastorizzato (se non è l’albume dei brick pennellare poco prima di sfornare in modo che avrá tempo per pastorizzarsi )
olio (o un misto di albume/olio)
burro fuso alla fine
Buonissimi e senza sentore di acido, con un lieve profumo di buon burro.

Li ho fatti freddare coprendoli con un telo appena umido per mantenere la morbidezza.
Parte li ho conservati in bustine di cellophane per un paio di giorni e parte li ho congelati giá tagliati, per fare dei panini imbottiti o dei toast.
A parte l’utilizzo per qualche buffet (in questo caso meglio farli piccolini), facendoli grandi come in foto potremo farne degli ottimi toast o dei panini da imbottire.

Fonte 24.I.2010
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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pane nel bimby a lievitazione naturale, con farine miste e tecnica tang zhong

Pubblicai tempo fa questo pane con farine miste nel ricettario bimby (dove ha riscosso dei consensi).
A distanza di anni ho ricomprato il bimby (che avevo regalato nel frattempo ai figlioli per il bebè) e mi è tornata la voglia di provarlo.
Ed ecco questa versione del mio pane a lievitazione naturale con farine miste e tang zhong ** (o water roux), che questa volta ho voluto preparare così!
 
Ingredienti
640 gr farine (275 farro integrale, 275 manitoba Ecor e 90 farina integrale setacciata di segale***)
450 gr acqua oligominerale
50 gr lievito naturale di segale integrale bello attivo (il mio, rinfrescato 10 ore prima, si presentava raddoppiato)
12 gr sale
Procedimento

Tang Zhong (preparazione gelatina)
Ho setacciato insieme tutte le farine e ne ho presi 30 gr da mettere da parte per il tang zhong.
Ho preso anche 150 gr dal totale dell’acqua e, unendoli ai 30 gr di farine, ho avviato il water roux: 6-7′, 70°C, vel. 4 a foro semiaperto (sennò schizza), e comunque fino a veder gelatinizzare il composto come una crema densa.
Ho fatto freddare la gelatina nel Closed lid fino a temperatura ambiente (o almeno a 36°C).
Volendo si può conservare in frigo e utilizzare al massimo entro 3 giorni.


… questa è una mia foto di repertorio per una gelatina precedente (non semi-integrale) …

Impasto nel bimby
Ho aggiunto al tang zhong già nel Closed lid quasi tutta la restante acqua (in modo che si finisse di freddare) meno un po’ dove ho sciolto il lievito.
Poi ho aggiunto anche questa pappetta col lievito e quasi tutto il restante delle farine meno un pugno.
Ho impastato 3′, vel Dough mode.
Dopo qualche giro, quando l’impasto si è uniformato, ho aggiunto il sale dal foro, mescolato al restante pugno di farina.
Finiti i 3 minuti di “spiga”, ho fatto riposare l’impasto mezz’ora nel Closed lid, poi l’ho trasferito in una ciotola di coccio.
  
Maturazione dell’impasto in frigo
Ho effettuato una 20ina di pieghe verso il centro dell’impasto aiutandomi con una spatola, ho coperto e messo in frigo per quasi 24 ore.
Ogni 6-8 ore ho operato molto delicatamente delle pieghe, senza mai tirare troppo l’impasto, e sempre rimettendo in frigo.
Lievitazione a temperatura ambiente
Passate le 24 ore, in uscita dal frigo, ho riportato l’impasto a temperatura ambiente.
L’ho trasferito su uno spiano oleato, l’ho formato e “pirlato” un pochino con le mani unte per mettere in forza, e l’ho adagiato su un telo infarinatissimo all’interno di un cestino forato dove ha lievitato a temperatura ambiente (20-22°C) coperto con un pile,  per almeno 5 ore.
Finita la lievitazione, ho infarinato l’impasto prima di capovolgerlo su una pala, e ho fatto qualche taglio sulla superficie.
 
Cottura su griglia di ghisa o refrattaria
Questa volta ho voluto utilizzare questa grande griglia di ghisa pesante della Baldassare Agnelli (dimensioni 26×32), preriscaldando il forno a 270°C statico (c’è un certo risparmio di energia elettrica, visto che si preriscalda con 15-20 minuti invece che i 50-60 minuti della mia piastra refrattaria, e a quanto pare funziona benissimo lo stesso).
Una volta infornato ho abbassato immediatamente a 250°C per 10′, vaporizzando per i primi 5 minuti; poi a 220° per 20′, infine a 170° per 20′ (il mio nuovo forno scalda parecchio).
Se si vuole la crosta leggermente più croccante, lasciare ancora dentro al forno spento per altri 15 minuti.
Ho sfornato e raffreddato su griglia prima di consumare (ma se si ha pazienza, il giorno dopo è migliore).
** Il tang zhong (o water roux), secondo l’antico metodo cinese, è il nome dato alla pappetta gelatinosa che serve per conservare più a lungo e morbidi i lievitati, soprattutto quelli a lievitazione naturale. Con i dolci dà il massimo, specialmente se si preparerà un tang  zhong al latte (o milk roux) Trovate qui i dettagli in una mia vecchia discussione di oltre 6 anni fa, su Cookaround.
***  Se non trovate le farine indicate, potrete comprare direttamente i chicchi, il vostro bimby le macinerà.
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DOLCI

Biscotti secchi a lievitazione naturale – Tricotti

Ho già realizzato in passato dei biscotti con pasta madre.
Volevo però qualcosa di ancora più salutare per il mio nipotino di 2 anni e mezzo e tramite un’amica siciliana (grazie Maria Catena) sono arrivata a conoscere i famosi Tricotti.
La versione che mi ha colpito è stata quella a lievitazione naturale, poco dolce e con pochi grassi che ho trovato qui.

Una curiosità: mi sono accorta che la composizione dell’impasto è molto simile a quello dei Biscotti del Lagaccio (liguri) che ho già provato con molta soddisfazione in passato.
A mio parere la differenza sostanziale fra queste due ricette sta nel fatto che, a parte essere meno dolci, i siciliani hanno un procedimento più veloce 😉
Ho preparato già un paio di volte questi biscotti, ma ho apportato delle modifiche per renderli più affini ai gusti della mia famiglia (farine meno raffinate, zucchero di canna, niente strutto, ecc.), e il risultato della mia versione definitiva è stato questo:
Ingredienti per 32 biscottoni da 32-33 grammi l’uno a impasto crudo (2 teglie)
500 gr farine bio (250 gr di grano tenero tipo 0 all’11% di proteine + 125 farro integrale setacciato + 125 Solina integrale setacciata)
200 gr lievito madre bio ben rinfrescato
160 gr acqua oligominerale
80 gr olio extra vergine di oliva di frantoio
100 gr zucchero di canna chiaro bio
5 gr sali a velo (4,30 gr sale + 0,70 bicarbonato***)
2 gr semi di finocchio bio macinati
albume da pennellare
*** volendo si può omettere, ma questa dose minima di bicarbonato la inserisco per  neutralizzare l’eventuale acidità della pasta madre che non tutti gradiscono.
Procedimento
Ho sciolto il lievito madre nell’acqua tiepida e l’ho versato nell’impastatrice, dove avevo già mescolato farina e zucchero.
Ho iniziato ad impastare nel Ken con il gancio a uncino più “cicciotto”, quello da impasti sodi; ho unito l’olio a filo e aggiunto il sale e il finocchio pestato.
Ho continuato ad impastare a lungo questo impasto sodo, fino a renderlo elastico e omogeneo.
Ho trasferito su spiano di silicone e ho ricavato 16 pezzetti di impasto per ciascuna teglia, più o meno dello stesso peso.
Ho formato bastoncini dello spessore di un mignolo, lunghi circa 10-12 cm.
Ad ogni pezzetto di impasto ho fatto delle pieghe, prima in un verso, poi nell’altro e ho lasciato riposare qualche minuto coprendo con pellicola.
Dopo un po’ di riposo è stato molto più semplice “tirare” i cordoncini.
Ho adagiato i biscotti sulla leccarda del forno rivestita da cartaforno.
Ho coperto con altra cartaforno unta e ho inserito le teglie in bustoni di cellophane.
Salvo che nella prima fase, se possibile evito di accelerare le lievitazioni con temperature troppo elevate quindi, soltanto per la prima ora, ho messo le teglie nel forno appena tiepido, dopo averlo portato per 5 minuti a 30°C.
Poi ho proseguito la lievitazione a temperatura ambiente fino a circa il raddoppio del volume dei cordoncini (in forno cresceranno ancora).
A me ci sono volute circa 12-13 ore (in casa avevo una temperatura di circa 20°C).
Prima di infornare ho pennellato con albume i biscotti (aiuta a non seccare subito la superficie dell’impasto in cottura, e pertanto non si ostacola l’ulteriore crescita in forno).
Ho cotto preriscaldando a 240°C per 10 minuti, funzione statica, nel binario centrale del forno, una teglia alla volta (attenzione o si coloriscono troppo).
Ho sfornato e lasciato raffreddare le teglie coperte da cartaforno e canovaccio per qualche ora.
Ad avvenuto raffreddamento, ho infornato nuovamente (ho provato anche con le 3 cotture brevi indicate da qualcuno, ma mi sono trovata meglio con 2 sole cotture).

… differenza fra la 1a teglia dopo la cottura di 10 minuti e la 2a teglia a fine lievitazione …

Per questa seconda infornata ho raggruppato tutti i biscotti in un’unica teglia forata, impostando a 140°C statico  per un’ora circa.
Spento il forno, li ho lasciati dentro fino a raffreddamento. I biscotti dovranno risultare ben dorati e asciutti.

… particolare dopo le due cotture e il raffreddamento …

Be’, trovo proprio che sanno di buono!
Poco dolci e con pochi grassi, come richiesto a questi biscottoni da bebè!
Al morso, dopo il raffreddamento, la consistenza del biscotto è inizialmente dura, ma subito dopo, gradualmente, si sbriciola per bene e si lascia gustare.
D’altronde, da quello che si legge, questa ricetta era destinata ai bebè siciliani, che sgranocchiavano questi biscotti nel periodo della dentizione per dare sollievo alle gengive doloranti.

L’altra ricetta invece (i biscotti del Lagaccio) era destinata ai pescatori liguri, che potevano così portarsi in barca un prodotto bello asciutto, che si conservasse al meglio.

… interno del biscotto, ben alveolato e croccante …

Inoltre ho voluto dar credito al marito di MaC (Maria Catena): a lui piace che questo tipo di biscotto resti morbido (anche se la mia amica adotta un procedimento leggermente diverso che prevede una iniziale bollitura) quindi in una delle mie prove ho cotto una sola volta per 12-14 minuti circa anziché 10, e non ho fatto quindi la seconda biscottatura.
Ai fini della conservazione sono migliori quelli secchi, ma anche con una sola cottura sono ottimi, come alternativa più soffice.

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pane di sola segale (da ricetta Ginzburg)

 Grazie alla curiositá in materia di farine “scure” che mi ha trasmesso il nostro amico Nico, mi sono cimentata stavolta in un pane di tutta segale, cercando di replicare, quasi alla lettera, la ricetta (in inglese) di Garrick Ginzburg-Voskov che consiglia di utilizzare cereali in chicchi da macinare all´occorrenza.


È stata una cosa lunghissima, ma facilissima. Praticamente alla portata di tutti ….. quelli che amano questa farina con poco glutine. Consumata piú che altro nei paesi nordici, sembra che la segale abbia fra le sue caratteristiche anche quella di aiutare ad evitare malattie cardiovascolari.
Di seguito la realizzazione del mio primo pane di tutta segale.

INGREDIENTI (la mia pagnotta, che si dovrebbe mantenere per una settimana almeno, dopo la cottura sará di circa Kg. 1,550)
Per gli impasti (per questo pane non è consigliabile mescolare con impastatrici, nè tantomeno a mano. Utilizzare spatole o cucchiai di legno forti):
120 g lievito naturale (io ho usato il mio lievito liquido di segale)
660 g segale biologica in chicchi, macinati finemente (ho usato la farina integrale 1150 valore tedesco. La ricetta suggerisce in alternativa 480 gr chicchi segale + 180 g chicchi kamut da miscelare insieme e macinare)
200 g acqua oligominerale

Per la zavarka:
240 g chicchi di segale bio, macinati grossolanamente
500 g acqua oligominerale
3 g semi di coriandolo macinati (al momento)
10 g sale fino (io ho pestato sale grosso)

PROCEDIMENTO. Questa è stata la mia tabella di marcia:
Mercoledí – PRIMO GIORNO, SERA TARDI – 10 minuti di lavoro – Preparare un poolish di 120 g da usare quale lievito per la mattina seguente. Io ho fatto cosí: 5 g di Lilí di segale al suo raddoppio (rinfrescato qualche ora prima), 70 g acqua, mescolare, poi 45 g di farina integrale di segale, mescolare e coprire per la lievitazione fino al mattino seguente (ho fatto stare 6 ore).

Poolish prima e dopo 6 ore di lievitazione
Giovedí – SECONDO GIORNO, MATTINO – 5 minuti di lavoro – Preparare il primo impasto da mettere a lievitare: sciogliere il poolish in una terrina media di coccio (circa 20-25 cm di diametro), aggiungendo i 200 g di acqua e i 100 g di farina. Mescolare e mettere a lievitare coperto fino a sera (10-12 ore a 18-22°C – in questo periodo fa caldo, mi sono aiutata mettendo la terrina nella borsa termica e ghiaccio).

Primo impasto prima e dopo circa 12 ore di lievitazione (l´ho un po´sbatacchiato tirandolo fuori dalla borsa termica)
Giovedí – STESSO GIORNO, SERA – 5 minuti di lavoro – Preparare il secondo impasto: scoprire la terrina e incorporare bene 200 g. di farina. Coprire e lasciar lievitare per 20-24 ore a 18-22°C (sempre borsa termica e ghiaccio).

Secondo impasto prima e dopo circa 23 ore di lievitazione
Venerdí – TERZO GIORNO, MATTINO – 15 minuti di lavoro – Fare la zavarka: in una terrina grande (25-30 cm circa di diametro) mettere i 240 g di chicchi di segale macinati grossolanamente in precedenza (ho usato un macinino da caffé), aggiungere il sale, i semi di coriandolo macinati al momento e mescolare bene. Mettere intanto a bollire 500 g di acqua. Versare l´acqua bollente nella terrina con i semi e farla assorbire bene. Coprire la terrina con un paio di canovacci e lasciar riposare fino a sera (ho fatto stare circa12 ore).

Chicchi di segale prima e dopo averli macinati grossolanamente (nel macinino del caffè)
 
Zavarka prima – durante – e dopo circa 12 ore di riposo (notare l’impronta del dito perchè ho voluto assaggiarla… bbbbonaaaaa)
Venerdí – STESSO GIORNO, SERA – 5 minuti di lavoro – Fare la opara o terzo impasto cosí: versare il secondo impasto nella terrina piú grande della zavarka. Amalgamare bene tutti gli ingredienti, infarinare leggermente, e far lievitare coperto per circa 12 ore (sempre al fresco).
 
A sinistra, il secondo impasto e la zavarka, pronti per diventare terzo impasto (o opara). Al centro si inizia la fusione. A destra la opara mescolata

Opara infarinata prima e dopo 12 ore circa di lievitazione (sempre in borsa termica)
Sabato – QUARTO GIORNO, MATTINO – 1 h di lavoro piú un po´ di impegno per le ultime fasi – Aggiungere progressivamente i restanti 360 g di farina agli ingredienti della opara. Prendetevela con calma. Ci vorrá quasi un´oretta per rendere omogenea la massa. Per amalgamare ho usato il pestello di legno del mortaio. (Io non concordo perché ormai c’è del sale, ma per chi fosse partito con un lievito diverso da quello di segale, e volesse crearsene uno, in questa fase viene consigliato di prelevare circa 200 grammi di impasto, infarinarlo, incartarlo con cartaforno e metterlo in un contenitore in frigo per le volte successive).

Opara prima e dopo l´aggiunta dei restanti 360 g di farina
Ora ungere bene “il forno olandese” (praticamente una teglia in ghisa con coperchio tipo quelle per fare il pane senza impasto. Io ho usato una teglia pyrex con coperchio) e adagiarvi l´impasto. Livellare con una spatola che bagnerete leggermente, coprire con cartaforno (io l´ho dimenticata) e il coperchio.

Impasto adagiato nella teglia di pyrex unta e poi livellato con spatola bagnata
Mettere in forno giá caldo con la lucetta accesa a lievitare per un´ora e mezza circa (27-28°C). Il livello dell´impasto non dovrá comunque superare di un paio di cm. il bordo della teglia.
Dopo questo periodo, tirare delicatamente fuori la teglia, togliere coperchio e cartaforno; punzecchiare con uno stuzzicadenti in una ventina di punti la superficie dell´impasto affondando per 1 cm circa o poco piú (per far sí che in cottura la calotta non si stacchi dal pane stesso).

Nel forno a lucetta accesa per 1h e 1/4 e poi fuori a punzecchiare (naturalmente mi si è leggermente sgonfiato togliendo il coperchio)
Riposizionare la teglia – questa volta senza coperchio – all´interno del forno freddo.
Pur se non consigliata dalla ricetta io ho messo la solita teglietta con acqua alla base del forno. Consiglio anche di mettere una teglia al di sopra della calotta del pane per non farlo brunire troppo, come è successo a me (anche se Ginzburg paragona anche la sua, ad una pagnotta color cioccolato scuro).
In questo momento accendere a 260°C. Quando sará arrivato a temperatura (a me ci è voluto circa mezz´ora), contare ancora 10 minuti. Poi abbassare a 230°C per 28 minuti; finire abbassando a 215°C per altri 28 minuti (visto che non avevo tolto i 200 grammi di impasto, ho allungato la cottura di altri 15 minuti a 200°C ).
Terminata la cottura tirare delicatamente fuori il pane dalla teglia aiutandosi per non farlo rompere, metterlo ad asciuare per 6 ore circa su una griglia, coprendolo con cartaforno e due canovacci.

Dopo queste 6 ore ho incartato il pane nella cartaforno e messo in due borsine di tela una dentro l´altra, e poi riposto in dispensa.
Ginzburg dice che se la birra puó essere considerata un pane liquido, questo pane puó essere considerato una solida Porter (è una marca di birra). Domani – dopo l´assaggio – vi sapró dire se dargli ragione
Ed ecco le fette. Conclusione: buono buono buono, ma particolare.
Un pane un po´ difficile per noi mediterranei, da consumare come alternativa ai pani di grano tenero o duro. Senz´altro da provare


Spaccato in due e poi, capovolto. Come vedete la cottura della base è penalizzata dall´essere stata fatta in pyrex. Probabilmente nel suo “dutch oven” (forno olandese di ghisa) sarebbe stata piú pronunciata.

alveolatura regolarissima, ma fine. Resta leggermente umido anche il giorno dopo. Mi ritengo estremamente soddisfatta del risultato: credo che piú di cosí non si possa chiedere ad un pane di sola segale.

E dopo qualche anno, ecco una versione dell’ottobre 2017 

Fonte: mio post su Cookaround del 01.VIII.2009

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pizzi leccesi a lievitazione naturale

Dedicata a chi ama i sapori decisi e piccanti, questa versione dei pizzi leccesi (o pucce farcite o pucce salentine) è un tipo di lievitato della tradizione pugliese che ho realizzato con lievito madre molte volte dal 2008, prendendo spunto da una ricetta di una ragazza pugliese trovata su Cookaround con lievito di birra e apportando le dovute modifiche legate alla conversione.
Li ripropongo nella versione lievito madre liquido ripetuta di recente con l’impastatrice a spirale, impiegando oltre un giorno per prepararli.
In fondo all’articolo invece, la prima versione con lievito madre solido del maggio 2008 dove ho impastato tutto a mano.

A me è sempre piaciuto rendere abbastanza leggeri questi “paninetti” anche se un “cookino” salentino, nel gennaio 2010, mi faceva notare che i panini (che lui cuoceva in uno splendido forno a legna), non dovevano essere alti, soffici e alveolati ma, per via della farcitura, pur essendo l’impasto ben lievitato, dovevano restare rustici e “informi”.

Versione lievito in coltura liquida – Luglio 2023 – temperatura in casa circa 30°C

Ingredienti (per 12-14 pezzi – io 13 da 120 g l’uno)
566 g Farine Casillo biologiche (2 parti semola rimacinata di grano duro e 1 parte manitoba tipo 0 W350)
102 g licoli al raddoppio (rinfrescato due volte con rapporto 1:1:1) – 18%
340 g acqua fredda (310 in autolisi, 30 nell’impasto) – 60%
11,30 g sale – 2%

Autolisi
Prima che sia pronto il lievito, unire i 310 g acqua alle farine.
Riposo in ambiente fresco 1h e mezza/2h (io minifrigo eco a 15-20°C).

In questo intervallo si può preparare:


Sughetto per la farcia (restringere in padella)
200 g cipolle (due medie)
300 g pomodorini (15-20 piccadilly)
20 g peperoncino fresco
60 g olio evo (4 cucchiai)
pochissimo sale per il sugo
1 cucchiaio concentrato pomodoro (facoltativo)
100 g olive nere denocciolate che aggiungo a fuoco spento (io “gaeta” e anche se la ricetta originale diceva con nocciolo, non ho voluto rischiare i denti).

Impasto
per 8-10′ in spirale, vel. 1, con il licoli pronto, l’impasto autolitico e un goccino dell’acqua residua per incordare, poi il sale e a gocce, l’acqua restante.
Dalla vasca, facendo una piega di rinforzo, trasferire in una ciotola capiente, e riposo di almeno mezz’ora prima dell’inserimento a mano del sughetto ormai raffreddato.
Lavorare a lungo; l’impasto si disgregherà, è molto viscido, è normale.
Nelle 2h successive fare 3 o 4 pieghe e, a impasto rilassato, segnare il livello sulla ciotola.
Trasferire in frigo a 4-5°C fino al giorno dopo e comunque finché si registrerà una crescita del 60-80% (io 12h).
Ho tirato fuori frigo e fatto terminare la lievitazione per altre 2h e mezza, a t.a. fin quasi al completo raddoppio.

Staglio, peso e formatura dei pizzi leccesi
Ho formato pirlando un pochino ciascuna palletta di impasto e immergendola in abbondante semola di grano duro.
Ho posizionato direttamente sulla pala barella a lievitare coperto.
Ultima lievitazione per 2h circa.

Cottura ½ h circa
Ho fatto prima scaldare il forno a 250°C statico e ho infornato facendo scivolare i pizzi dalla pala barella sulla refrattaria, per 10′ vaporizzando ripetutamente parecchia acqua sulle pareti.
Poi abbassato a 220°C per altri 10′.
Terminato con altri 5′ ventilato a 120°C.
Ho tirato fuori oltre i 94°C suggeriti, ma ci si può regolare anche così 😉

… e questa volta non si dica che si deve aspettare per mangiarli… il massimo a mio parere, per gustare tutta la piccantezza del panino, è che venga mangiato bollente … o quasi!
E se ne restasse qualcuno si possono sempre conservare in freezer e rigenerare qualche minuto in forno una volta scongelati!

Versione pasta madre solida di grano duro – Maggio 2008

Ingredienti
250 g farina di grano duro
250 g farina 00
150 g pasta madre di grano duro (dopo 3 rinfreschi)
250 ml circa di acqua (regolarsi prima con 200 e aggiungerne al bisogno, meglio tenersi bassi altrimenti dopo, con il sugo, l’impasto viene troppo morbido)
5 g sale (1 cucchiaino)
1 pizzico zucchero (1 cucchiaino raso)

Eccone uno bollente, per la prova assaggio alle due di notte (all’epoca, mio figlio non sapeva resistere … da chi avrà preso?!?).

Risultano essere croccanti fuori e morbidi dentro.

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DOLCI

Croissant sfogliati metodo a chiocciola

Stanchi di inseguire la sfogliatura perfetta per fare i croissant?
Questa del metodo a chiocciola è una soluzione semplificata veloce.
Un altro metodo veloce lo trovate qui, è il metodo “a sfogliette”.
Ma torniamo al nostro metodo a “chiocciola”.
La semplificazione di questi croissant consiste nella velocità della sfogliatura grazie al metodo suggerito qui da una blogger francese.

Forse è una scorciatoia esagerata, ma sarebbe stato veramente un peccato non dare risalto a tutto il procedimento di questa inedita ricettina di croissant al burro che mi ha conquistata, realizzata da me con la pasta madre…
.. e poi, necessità fa virtù: avevo bisogno di un certo numero di croissantini nel giro di qualche ora per un buffet!

 

Ingredienti come da ricetta originale, per 16-18 minicroissant da 35-40 grammi l’uno (io ho raddoppiato le dosi)
240 farina 0 (quasi tutta 0 bio conad + 1 cucchiaio di manitoba 0 bio) – 100% (88% circa rispetto al peso totale impasto)
50 zucchero integrale di canna (se serve per croissantini da farcire per buffet, meglio i 40 gr della ricetta originale o addirittura meno!) – 16% circa rispetto al peso farina compresa quella della pasta madre (8% circa rispetto al peso totale impasto)
160 latte intero (io parz.scr.alta dig.) – 52% p.f. (25% p.t.i.)
100 burro morbido – grassi del burro 27% p.f. (13% p.t.i.)
100 pasta madre (rinfrescata 1 volta, 3 h e mezza prima, con farina forte*** dopo 5 giorni di frigorifero) – 42% p.f. (15% p.t.i.)
2,5 g sale (mezzo cucchiaino) – 1% p.f. (0,38% p.t.i.)
Peso totale impasto, 652 grammi
***la mia farina “forte” da rinfresco, in questo periodo la faccio con 1/3 di tipo 0 bio conad + 2/3 di manitoba 0 bio.
Nell’attesa della lievitazione della mia pm, ho fatto ammorbidire il burro a temperatura ambiente.
Nel burro ammorbidito – mia personalizzazione – ho mescolato un cucchiaio circa di farina presa dal totale.
All’interno dell’impastatrice, ho sciolto la pm nel latte già zuccherato in precedenza.
Ho aggiunto man mano tutta la farina miscelata già col sale.
Ho lavorato una 15ina di minuti nell’impastatrice con la foglia (verso la fine con gancio ad alta velocità). L’impasto era abbastanza molle ma ben elastico.

Ho lasciato riposare la palla nell’impastatrice per mezz’ora a temperatura ambiente, spolverando con farina e coprendo con pellicola.

Passato questo tempo ho appiattito/sgonfiato un po’ l’impasto, l’ho infarinato, avvolto nel cellophane, e messo in frigo per 1/2 ora.
Poi, sul piano di lavoro leggermente infarinato (e possibilmente raffreddato), ho steso l’impasto più fino possibile e con attenzione ci ho spalmato il burro morbidissimo (dove avevo aggiunto un cucchiaio di farina).

Ho quindi arrotolato l’impasto molto stretto, formando prima un rotolone lungo.
Poi ho arrotolato questo “rotolone”, dando la forma della casetta di una lumaca.


Mettere dritta la ruota che si è formata, e appiattirla leggermente con la mano sul tavolo.
Avvolgerla nel cellophane e conservare in frigo per almeno 3/4 d’ora – 1 ora.

Sul piano da lavoro leggermente infarinato o spiano di silicone:
– stendere l’impasto in un rettangolo di circa 40×30;
– tagliatelo a metà (ricavando due rettangoli di 40×15);
– dividere ogni metà in 5 rettangolini (io ne ho fatti di più, quindi più piccolini).
Attenzione, nel tagliare i rettangoli e i triangolini per la formatura, bisogna utilizzare un coltello molto tagliente, affinché l’impasto non venga schiacciato dalla pressione del coltello, ma venga invece ben sezionato e dia modo alla sfogliatura di svilupparsi al meglio (io ho usato un bisturi).
Incidere la base di ogni triangolo, poi rotolare per formare i cornetti, e disporsi su una teglia foderata di carta forno.
Coprire bene, ma delicatamente, con la pellicola o bustoni di cellophane alimentare (i croissant dovrebbero svilupparsi anche in frigorifero).
Porre in frigo per la notte (io ho fatto stare 11 ore)
Al mattino successivo, l’autore della ricetta suggerisce di tirare fuori dal frigo la teglia e lasciarla a temperatura ambiente per mezz’ora (io ho fatto stare per 3 ore buone perché in frigo non mi sono sembrati cresciuti per niente).


Qui sopra i croissant dopo l’ultima lievitazione di circa 3 ore a temperatura ambiente
Dopo 3 ore abbondanti erano belli gonfi e hanno finito di lievitare in forno.
Ho cotto una teglia per volta (non me la sono sentita di cuocerle tutte e 3 insieme e rischiare con la funzione ventilato).
Preriscaldare il forno a 220°C funzione statico, con un piccolo contenitore di acqua posto alla base.
Spennellare i cornetti con un po’ di latte o di tuorlo d’uovo (con l’uovo assumono di più quel colore dorato carinissimo, ma non mi andava di usarlo e quindi ho fatto semplicemente con latte).
Nell’infornare, abbassare contemporaneamente a 180°C per 15 minuti (alla fine ho anche acceso per 2 o 3 minuti il grill).
Ne ho lasciato uno non farcito per la foto alla luce del giorno dopo.
Il taglio netto “spietato” mostra sia la leggerezza che la ottima lievitazione, ma non c’è stato il classico “nido d’ape” (chiaramente strappando in due il croissant l’effetto potrebbe sembrare migliore).

Probabilmente la classica alveolatura “a nido d’ape” non si è verificata per la velocità della realizzazione della sfogliatura e il poco burro della ricetta, ma sono stati talmente apprezzati perché si scioglievano in bocca (scusate per il morso, ma rende l’idea della morbidezza), che questo compromesso veloce e relativamente “light” è sicuramente da ripetere!!


La percentuale del burro utilizzato rispetto al peso totale dell’impasto è poco più del 15% (contro il 25% circa, generalmente suggerito per i croissant), ma vi assicuro che – “nido d’ape” a parte – il gusto non ne risente assolutamente.. d’altronde è una ricetta proposta da una blogger francese, giusto? 😉

Fonte 24.III.2014

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DOLCI

Stollen con pasta madre – Kerststol

Ho voluto provare a fare anche io questo dolce, originario della tedesca Dresda, ma ormai personalizzato con innumerevoli versioni e presente in moltissime delle tavole natalizie del Nord-Europa.

Per la storia del dolce tedesco, vi rimando a Wikipedia.
In particolare però mi sono ispirata al Kerststol olandese perché il figliolo, lo scorso anno, me ne ha portato uno delizioso dall’Olanda (Groningen).
Con qualche mia licenza e modifiche varie, ho preso spunto anche dalla ricetta con lievito di birra di Adriano Continisio.
Come faccio ormai sempre per i dolci a lunga lievitazione, ho inserito un pizzico di bicarbonato per neutralizzare l’eventuale acidità non gradita della pm (decidete voi se ometterlo: se rinfrescherete per bene la pm come spiego sotto, non è indispensabile visto che non stiamo di fronte a una lievitazione interminabile!).
Ingredienti
(per 3 stollen da Kg. 1 ciascuno, oppure 2 stollen da Kg. 1,500)

550 g farina W 300 (440 g tipo 00 W350 Garofalo + 110 g tipo 00 bio Conad, prot. 10%)
110 g uova intere (3 tuorli + 2 albumi: erano piccoline)
250 g latte fresco intero
200 g zucchero
230 g burro
180 g pm ben rinfrescata con latte anziché acqua (60 g pm nel poolish + 120 pm nel preimpasto dopo 8 h circa, quindi rinfrescata di nuovo)
13 g sali (10,50 sale + 2,50 bicarbonato)
20 g circa scorza di 1 limone non trattato + 1 pezzetto di zenzero fresco grattugiati
465 g frutta secca (uva passa bio 250 g + albicocche 125 g + more di gelso 60 g + bacche di goji bio 30 g)
100 g canditi arancia
200 g circa acqua e liquore secco di arancia come bagna per la frutta secca/canditi
170 g nocciole tostate e tritate grossolanamente a coltello (o granella)
12 g circa spezie polverizzate (in ordine di quantità: vaniglia, cannella, noce moscata, cardamomo, ch. garofano)
8 g miele acacia bio (1 cucchiaino)
Totale impasto 2508 g (ma dopo sfrido e eliminazione della bagna per la frutta, si è ridotto a 2385 g reali)
Marzapane
(550 g circa, per realizzare 3 rotolini)
200 g farina di mandorle acquistata, arricchita da
50 g fra mandorle amare (una 20ina), mandorle dolci e la granella fine di nocciole avanzata dal taglio a coltello, tutte tritate dopo un passaggio in freezer,
135 g zucchero semolato,
135 g zucchero a velo (in futuro valutare se rifarlo con la maggior parte di zav),
1 albume (quello avanzato dalle 3 uova dell’impasto)
Impastare tutto a freddo, avvolgere in pellicola e riporre in frigo.

Per la copertura (100 g circa)
40 g burro fuso,
40 g zucchero a velo
un po’ di zucchero semolato
Procedimento
Sera poolish aromatizzato con:
130 g di latte a temp. ambiente,
70 g di farina,
60 g di lievito madre rinfrescato con latte qualche ora prima,
metà delle spezie polverizzate,
buccia grattugiata di 1 limone,
un pizzico dei sali presi dal totale.
Messo in frigo in un pile nel reparto verdure (ho lasciato in frigo per circa 15 ore).
Immersi intanto frutta secca e canditi in acqua fredda e liquore secco di arancia (non avendo altri liquori, l’ho fatto da sola, mettendo a macerare della buccia di arancia in alcool a 95°) e riposti in frigo.

Durante il riposo del poolish in frigo intanto ho rinfrescato di nuovo la pasta madre (sempre con latte) per poterla utilizzare di nuovo bella pimpante per il preimpasto successivo.
Il mattino dopo (o dopo 8 ore) ho preparato un preimpasto con i
60 g di latte rimanente,
60 g di farina,
120 g pasta madre, sempre rinfrescata con latte,
8 g miele e
pizzico di sale.
Lasciar gonfiare a temperatura ambiente (oppure fare come me: ho messo in frigo anche questo preimpasto per 7-8 ore circa, oltre al poolish che continuava a stare in frigo).
Passate le ore ho tirato fuori contemporaneamente sia il poolish aromatizzato (è stato circa 15 ore in frigo) che il preimpasto (circa 7-8 ore in frigo).
Tutti e due si erano alzati di livello di un paio di cm.

A sinistra della foto il poolish di 15 ore di frigo – a destra il preimpasto di quasi 8 ore di frigo.
Ho preparato tutti gli ingredienti, e impastato il tutto (con il gancio a foglia) inserendo prima le uova con il poolish, il preimpasto e parte della farina, poi gli ingredienti rimasti – sempre un po’ alla volta- e lasciando alla fine i sali, poi il burro ammorbidito, aromatizzato con le restanti spezie/zenzero.
Raggiunta l’incordatura (e dopo parecchi capovolgimenti per ossigenare l’impasto + un breve riposo in frigo mentre pensavo ad asciugare la frutta) ho sostituito la foglia col gancio a spirale per rifinire.

Infine ho unito, con pochi e lentissimi giri di planetaria le nocciole + la frutta secca/canditi ammollati dopo averli ben asciugati con scottex, leggermente infarinati e scrollando via l’eccedenza di farina in uno scolapasta.

Prima di mettere in frigo per tutta la notte (o almeno 8 ore come ho fatto io) bisognerebbe aspettare 40 minuti circa a temperatura ambiente per far partire la lievitazione.
Io invece ho preferito mettere da subito in frigo in quanto fra capovolgimenti e breve riposo in frigo dell’impasto fra una lavorata e l’altra, sono stata dietro a questo impasto per quasi 2 ore.
Il mattino successivo ho spostato l’impasto a temperatura ambiente per qualche tempo prima di lavorarlo (si suggerisce anche fino a mezza giornata per farlo tornare lavorabile, ma io l’ho lasciato a t.a. soltanto 1 h e mezza circa).
Ho spezzato in 3 pezzi, preformato a sfera e coperto a campana per 20′.
Poi ho messo di nuovo in forza, “pirlando” ciascuna sfera di impasto, ho coperto di nuovo a campana e aspettato ancora 20′.
Ho formato quindi a filone stretto e aspettato altri 15′ per dare la forma definitiva.
Ho infine appiattito a rettangolo con le mani leggermente unte, lasciando più gonfio uno dei due lati, e ho inserito una barretta di marzapane preparata come descritto sopra.

Ho disposto su teglia con dei divisori fatti con cartaforno e ho fatto lievitare al tiepido (in forno con sola lucetta accesa) per circa 5 ore (è un impasto che non deve raddoppiare).
In totale i miei stollen, dalla prima lievitazione dell’impasto in frigo, alla cottura, hanno lievitato “soltanto” per 16 ore.
Una volta pronti, ho pennellato con latte misto a un po’ di albume e portato il forno a 220°C scendendo subito a 190°C una volta infornato (ho deciso per questa temperatura perché gli stollen erano 3, e poi il mio forno è un po’ moscetto.. voi vedete col vostro..)
Ho fatto cuocere per circa 50 minuti, ruotando la teglia dopo 30 minuti circa.

All’uscita dal forno, ho pennellato abbondantemente con burro fuso (anche sotto, manovrando con delicatezza che è morbido), spolverato da tutte le parti prima con zucchero semolato e poi con zucchero a velo.
Fatti freddare per alcune ore.
Al momento di regalarli si possono avvolgere nel cellophane e infiocchettarli come da tradizione.
Prima dell’infiochettamento però è bene avvolgere i filoncini in carta-alluminio per la conservazione al fresco.
Conservare in un ambiente fresco di casa (o, visto che siamo in inverno, direi che va bene far riposare in balcone se non esposto al sole) come minimo per un paio di giorni prima di consumare, anche se a parer mio, soltanto dopo almeno una settimana si uniformano gli aromi delle spezie/frutta.
Le donne tedesche sembra che preparassero questo dolce per l’8 dicembre e lo nascondessero fino all’arrivo del Natale per non farlo sbafare dai familiari (però a quelle latitudini fa più freddo; da noi, secondo me, con tutto quel tempo si corrono rischi di muffe.. fate attenzione).
Mi ha fatto piacere tuttavia fornirvi la ricetta di Continisio (una certezza in materia bianca 😉 ) modificata da me con lievito naturale solido, per darvi modo, se voleste provare a farlo, di riuscire a prepararlo anche voi e consumarlo prima della fine di queste feste natalizie.
Buone Feste 🙂
P.S. DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 – H. 01,58
Ed eccomi con le foto delle fette e le conclusioni…
Non ce l’ho fatta ad aspettare di più, e quasi allo scadere del 6° giorno l’ho tagliato, anche perché è la prima volta che lo faccio e con tutta quella deliziosa frutta umida, avevo paura di eventuali muffe.
Come dicevo qualche paragrafo sopra, ho pensato che il suggerimento che ho trovato da diverse fonti, circa la conservazione al fresco/asciutto, non può adattarsi al clima mite di Roma, ben diverso da quello gelido del Nord-Europa.
Infatti ho letto diverse recensioni che denunciavano che a molte persone si ammuffisce… quindi regolatevi.
Uno l’ho lasciato in balìa di parenti e amici buongustai, e gli altri due, tagliati a metà li ho surgelati.
Il sapore non mi ha tradito: non ha la sofficità di quello assaggiato lo scorso anno (in futuro voglio fare una prova col procedimento milk-TZ o milk-roux), ma ha una consistenza “fondente” e le spezie si sono amalgamate alla perfezione: nessuna prevale sull’altra (o forse, leggerissimamente, la cannella).

Sono contenta di aver mantenuto le nocciole come nell’impasto olandese, tanto l’aroma della mandorla del marzapane è predominante, probabilmente anche per via del profumo unico delle mie mandorle amare.
Se non amate troppo le mandorle potrete …
omettere le mandorle amare,
oppure fare il salsicciotto più piccolino,
o toglierlo del tutto (sotto, come appare una fetta senza il marzapane all’interno),

ma è un peccato togliere il marzapane 🙁 : è di una golosità unica!!
.. e ricordate se lo fate: gustatelo a fettine sottili
Fonte 23.XII.2014