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Alici fritte in tempura

… eh sì! Ieri passando al banco del pesce al mercato, la mia “pescivendola” mi ha proposto 1 Kg e 200 gr di alici appena pescate.
Ieri sera le ho pulite tutte per bene, il grosso l’ho messo nel congelatore per farci delle alici marinate, e lì rimarranno per 4 giorni.
Leggi qui per l’abbattimento dell’anisakis.

Ma potevamo non gustarne qualcuna al momento?
Non mi ricordavo esattamente le dosi della tempura preparata in precedenza (qui trovate il link), poi ero veramente stanca per cercare in rete, quindi ho approssimato, ricordando la cosa principale della tempura: il FREDDO!!!
Ho lavorato con contenitori e alici, poggiando tutto su siberini ghiacciati.
Ho preso un grosso pugno di farina 0 bio del con@d, un grosso pugno di amido di mais bio, mescolati e aggiunta l’acqua minerale fredda che fortunatamente avevo in frigo.
Fatta una pastella pochissimo densa.
Ho infarinato leggermente le alici ben asciutte, poi le ho tuffate nella pastella e infine nell’olio di arachide ben caldo a circa 170-180°C, poche alla volta.


… ci credete? Una delizia!!! Senza nemmeno aggiungere sale, né limone!!!
Fonte  01.III.2017
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Filetti di baccalà in tempura

Tanto freddo, questo uno dei segreti per la famigerata e leggera pastella, che definirei “mondiale”.

Il perché di questo termine ormai obsoleto, ma in uso quando ero giovincella (per dire che una cosa era buona, ganza, che spacca, ecc.), è giocosamente dovuto al fatto che oggi questa preparazione è conosciuta come giapponese, sembra però che abbia natali portoghesi, e io l’ho adattata ai classici filetti fritti di baccalà romani 😉 .
A Roma nelle pizzerie infatti, prima di una buona pizza al piatto, si usa servire fritti vari come antipasto (fra i quali gli immancabili supplì, i fiori di zucca con mozzarella e alici, le olive ascolane, le crocchette di patate, il baccalà appunto, ecc.) …
Poi come dimenticare i fritti che “aprono le danze” su gran parte delle nostre tavole nella notte della vigilia di Natale (broccoli, carciofi, mele, baccalà, ecc.)?
Naturalmente, oltre che come antipasto, nulla vieta di gustarseli come ottimo “secondo piatto”, preparati come si trovano nel localini dedicati della vecchia Roma, o come abbiamo fatto in famiglia ieri sera …

Ecco la mia versione:

Ingredienti
– 1 filettone da 1 Kg circa di baccalà sotto sale (oppure baccalà già ammollato)
– abbondante olio per friggere (io circa 3/4 di litro di olio di arachide)
– due o tre pugni di farina per infarinare i filetti.
– sale fino da aggiungere a fine frittura e qualche spicchio di limone (facoltativi)
Per la/il tempura (scegliete voi il genere):
150 gr di farina (metà 00 debole per biscotti + metà farina di riso o amido)
250-300 gr circa acqua frizzante freddissima di freezer! (circa il doppio della farina impiegata: la pastella non deve essere densa)
qualche cubetto di acqua frizzante congelata
Procedimento
La storia comincia con l’acquisto del baccalà: un bel filettone senza spine.
Se lo comprate sottosale, potete fare come spiego sotto, altrimenti comprandolo già ammollato (a Roma di solito si trova nei mercati rionali il martedì e il venerdì) potete procedere subito a preparare i filetti fritti.
Arrivo a casa, lo sciacquo sommariamente e lo adagio in una terrina di vetro, sommergendolo di acqua (lo metto “ammollo”, come si dice a Roma), copro e metto in frigo.
Per dissalarlo, lo faccio stare almeno 2 o 3 giorni in frigo.. anche 4, cambiando l’acqua un paio di volte al giorno (se vi va potete assaggiarne un pezzettino per sapere se ha perso abbastanza sale).
Arrivato il giorno della frittura ho tolto la pelle al baccalà con un coltello ben affilato (fate attenzione, non tagliatevi, ci vuole un po’ per non rovinare il pesce) e ho ricavato dei filetti piccoli abbastanza fini.
Li ho asciugati benissimo con della cartacasa e rimessi in frigo.
Ho messo in frigo anche una ciotolina con della farina: servirà per infarinarli leggermente prima di impastellarli.
Intanto ho preparato un bagnomaria gelato mettendo acqua e alcuni siberini all’interno di una ciotolona (se non avete siberini, riempite di ghiaccioli).
All’interno di questa ciotola grande, ho fatto galleggiare un’altra terrina dove ho versato le farine setacciate e l’acqua frizzante fredda di freezer.
Ho dato una mescolata sommaria (non è necessario che il composto sia liscio, anzi molti consigliano di lasciarlo grumoso).
Per far sì che il tutto si mantenesse ben freddo ho messo all’interno della terrina con la pastella, anche un paio di cubetti di acqua frizzante congelata, e un tubo in plastica chiuso (non dobbiamo correre rischi che la pastella si annacqui oltremodo) pieno di acqua ghiacciata, rubato alla brocca da acqua che vedete in secondo piano (in alternativa si potrebbero usare dei sacchetti formaghiaccio).
La pastella non deve risultare densa e non ha bisogno di riposare.

La mia era così:

 

In mancanza del wok che sarebbe la cosa più adatta (o forse della friggitrice, ma non ce l’ho), ho portato a 170-180°C l’olio di semi in un pentolino antiaderente alto.
Se non siete bravi, come non lo sono io, a capire quando l’olio arriva alla giusta temperatura, potrete servirvi di un termometro da cucina.
La sequenza che ho osservato è stata questa:

  • pochi pezzi di baccalà  asciuttissimi per volta,
  • li ho infarinati leggermente,
  • tuffati velocemente nella pastella fredda scolando l’eccesso
  • e immersi quindi nell’olio caldo facendo friggere per 5 minuti circa

 

 

 

Man mano che proseguivo nella frittura ripetevo i passaggi, non ultimo quello importantissimo di riportare a temperatura l’olio.

Risultato: gonfi, leggeri, croccanti, chiari (se si volessero più coloriti provare ad aggiungere un uovo alla pastella, anche se la versione tradizionale casalinga della tempura giapponese non lo prevede), non c’è stato bisogno di sale o limone .. ottimi già così!
P.S. del giorno dopo
Qualcuno degli ultimi filetti lo abbiamo lasciato, ma niente paura: fino al giorno dopo sono ottimi e croccanti… quasi quanto i primi ..
Quasi quasi ci faccio un pensierino per i fritti di Natale
Li ho messi in frigo, e il giorno dopo li ho adagiati ben separati su carta per fritti, in forno già caldo, per una 10ina di minuti a 150°-170°C ventilato (vedete voi col vostro forno).

Stesso procedimento per le umili e deliziose alici fritte in tempura

 

Fonte 04.XII.2014
 

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Filetto di Manzo al Pepe Verde

Classico piatto di carne originario della cucina francese.

Non ho adottato la classica flambatura che si faceva soprattutto per rendere scenografico il servizio al tavolo di questa carne, ma l’ho comunque preparata con una ricca salsa al pepe verde, resa cremosa dalla panna e, per questa versione, arricchita anche dalla cipolla.

Il risultato è un piatto corposo, ma dove la panna non coprirà tutti i sapori.

Il filetto al pepe verde è meglio sia preparato al momento, ma a volte mi sono anticipata la cottura della cipolla.
Ho accompagnato questo raffinato piatto di carne con delle “umili” patate al forno, ma ci vedo molto bene patate al vapore o del purè o verdure al burro.
Ecco la mia versione.

Ingredienti per 4 persone
4 fette di filetto a temperatura ambiente, dello stesso spessore, di circa 150-200 gr ciascuna
1 cipolla bianca
100 g vino bianco secco di ottima qualità
1 cucchiaio senape di Digione forte (opzionale; l’ho aggiunta e ci sta ottimamente)
1 o 2 cucchiai di grani di pepe verde in salamoia (il mio, secco, l’ho lasciato in ammollo 1/2 ora in acqua tiepida e poi l’ho ben scolato)
200 g panna liquida (ho usato panna vegetale)
mezzo dado (o un cucchiaino di dado granulare)
75 gr burro (io 25 olio + 50 burro)
poca farina
Sale e pepe macinato o pestato al momento q.b.

Preparazione
Ho legate le fette di carne, avvolgendole con lo spago lungo la circonferenza, per mantenere forma e spessore.

Ho tritato finemente la cipolla e l’ho fatta rosolare per circa 5 minuti in una padella con l’olio.
Ho sfumato con vino bianco che ho fatto evaporare e ho proseguito la cottura per 10 minuti.

Ho infarinato leggermente i due lati delle fette di carne e le ho cotte in un’altra padella col burro e qualche grano di pepe verde schiacciato sopra.
Cuocere 1 o 2 minuti per lato a seconda di quanto è spessa la fetta e di quanto si preferisce il grado di cottura della carne (io 2 minuti per lato), capovolgendo le fette con una paletta, per non far fuoriuscire i succhi dalla carne.

Ho salato la carne a fine cottura e messo da parte, in caldo, togliendo  il filo lungo la circonferenza.
Ho aggiunto alle cipolle già cotte la panna, il dado, la senape e il restante pepe verde scolato.
       

Ho fatto addensare la salsa a fuoco vivo mescolando per circa 1 minuto (alla fine ho aggiunto anche il succo della carne fuoriuscito in cottura).
Ho disposto le fette di filetto su piatti individuali, nappandole con la salsa al pepe verde, e ho servito ben caldo.

L’idea
Ultimamente stiamo consumando carne grass-fed.
E’ una carne da animali che pascolano liberi e che vengono alimentati esclusivamente ad erba.

18 aprile 2016

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Branzino al cartoccio

Questa è una delle tante collaudatissime ricette di pesce al cartoccio. Oggi ho voluto provare col branzino (o spigola), così!

Ingredienti per 3 persone
3 branzini piccoli
mezza cipolla grande
1 limone non trattato
10-12 pomodorini ciliegino
prezzemolo
aglio
rosmarino
vino bianco
sale
pepe verde (più delicato di quello nero).

Procedimento
Ho iniziato farcendo l’interno dei pesci puliti e squamati (ai quali ho tolto teste e code) con il misto di sale, pepe verde, aglio e rosmarino.
Ho deposito poi ciascun branzino su una teglia ricoperta da una bella striscia di cartaforno (abbastanza lunga per poterla ripiegare a cartoccio) unta con un po’ d’olio.
Ho guarnito con anelli di cipolla, fettine di pomodorini, rondelle di limone (stavolta l’ho pelato in quanto non era biologico), poco sale e “prezzemolo come se piovesse” (parafrasando un’amica dalla quale ho preso spunto per la ricetta e che frequentava come me il forum di Cookaround, che ha cessato da tempo la sua attività).
Infine ho irrorato il tutto con mezzo bicchiere di vino bianco secco.

Ho alzato i lembi della cartaforno chiudendoli a mo’ di caramella e ho attorcigliato le estremità della carta verso l’alto per non far fuoriuscire i succhi.

Ho infornato caldo a 200 C° statico per 20-25 minuti.

Per contorno ho preparato una gustosa teglia di verdure, e abbiamo gustato il tutto con un semplice ma freschissimo Verdicchio dei Castelli di Jesi.

https://it.wikipedia.org/wiki/Mercurio_nei_pesci

L’idea
Quando possibile, indirizzarsi verso il consumo di pesci con un basso tasso di mercurio.

 da Wikipedia

6 giugno 2016

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Agnello al miele marinato

Stavolta volevo qualcosa di diverso dal solito agnello arrosto o “a scottadito” (come diciamo noi romani) e quindi ho voluto ispirarmi a questa ricetta, per me inedita, per fare un agnello marinato al miele.

Ingredienti per 4-6 porzioni
Agnello circa 1 Kg (ho trovato delle costolette intaccate in un solo pezzo)
Olio extra vergine di oliva
Sale


Per la marinatura (almeno un’ora a temperatura ambiente, ma meglio 2-3h)
Miele 3 cucchiai
Succo di un limone piccolo
Erbe aromatiche a scelta (questa volte le ho messe secche e ho voluto seguire lo spunto preso dalla ricetta di partenza, con origano, rosmarino e un po’ di menta)
Pepe, una generosa spolverata (ho usato pepe verde, trovo sia meno “caloroso” del pepe nero)

Procedimento

Ho massaggiato per bene tutti gli ingredienti della marinata sul pezzo di carne e ho lasciato in un contenitore di vetro, coperto da pellicola per quasi due ore, capovolgendo un paio di volte in questo periodo.

Cottura
Dopo aver scolato l’agnello dalla marinata, ho fatto rosolare in olio, lasciando scoperto per qualche minuto.
Poi ho bagnato col liquido agrodolce della marinata stessa.
Ho salato e coperto, impostando il timer a 40 minuti circa.
Dopo una 20ina di minuti ho scoperto, capovolto la carne con utensili di silicone/legno (per non rigare la pentola e non far fuoriuscire i succhi) e ho terminato la cottura per il tempo residuo (tutto il vapore acqueo formatosi al di sotto del coperchio – tantissimo – l’ho fatto scolare dentro alla pentola).

La cottura del mio agnello marinato al miele è risultata perfetta, la carne dorata (immagino anche grazie al contributo della mia nuova pentola in ghisa, una Staub ovale da 31 cm.), e il suo sapore agrodolce molto gradevole.

19 febbraio 2017