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COSMETICANDO, casa e persona

Autoabbronzante delicato viso-corpo

Il sole fa bene, ma preso a giuste dosi.


Anche la pelle chiarissima è molto bella, potendo scegliere però, fa piacere ritrovarsi un velo di abbronzatura sicura, anche appena usciti dalla stagione invernale.
E’ un autoabbronzante acquoso che più “easy” non si può, pescato dai soliti prodotti “promossi” de L’Angolo di Lola; e l’ho persino semplificato per renderlo più delicato e fruibile per il viso, oltre che naturalmente per il corpo.

 Campioncini tester per sorelle e amiche per il pranzo di Pasqua 😉

Preparazione a freddo.
Fase unica per 100 grammi di prodotto (totale prodotti a bollino verde: 95,80%)
Acqua depurata di farmacia (a 100), 83,4
Glicerina vegetale, 7
Eritrulosio titolo 79%, 5
DHA (Diidrossiacetone), 4
Cosgard, 0.60 **
Acido citrico soluzione 20% per pH 4, poche gocce (non portare a pH superiori!)
** conservante molto utilizzato nei prodotti cosmetici biologici e approvato Ecocert
(formato da water 61%, benzyl alcohol 33%, dehydroacetic acid 6%)
Grazie agli zuccheri riducenti contenuti in formula il prodotto non penetra, ma ha una reazione chimica superficiale e colora tutte le proteine con cui viene in contatto quando è ancora in fase acquosa (quindi attenzione anche alle fibre naturali dei vestiti come seta e lana).
Non ha nulla a che vedere con la vera abbronzatura (né interferisce con la melanina) ed è estremamente superficiale (se ne va in 5-7 giorni col turn-over cellulare).
Volutamente e per sicurezza per ora ho preferito non pensare alla realizzazione di una crema, non ho aggiunto fragranza e non l’ho colorato visto che, pure essendo il DHA una sostanza sicura, ha problemi di incompatibilità con diverse categorie di sostanze cosmetiche (emulsionanti, gelificanti e persino alcune molecole tipiche delle composizioni profumate).
Quindi ripeto: è soprattutto per questo che ho preferito un prodotto acquoso ad uno in crema, visto che le normali creme viso-corpo solitamente contengono emulsionanti, gelificanti e fragranze.
A distanza di giorni ho verificato che la preparazione non superasse il pH 4, perchè al di sopra il Dha non è stabile.

 

Note:
– per una maggiore durata dell’abbronzatura – soprattutto se si utilizzerà per il corpo – è consigliabile uno scrub 24 antecedenti la prima applicazione;
– considerando che tutto dipende dal colore della propria pelle e dalla reattività di questa alle molecole autoabbronzanti, già dopo un’applicazione giornaliera per 2-3 sere consecutive o a sere alterne questo mix, stratificando, toglie alla pelle il grigiore invernale e dà un colorito più sano. Raggiunto il risultato desiderato si potrà sospendere l’applicazione giornaliera e potrà essere usato un paio di volte a settimana;
– anche se io lo conservo in un buon nebulizzatore, che con una erogazione uniforme fa asciugare il prodotto all’aria in una manciata di secondi, è consigliabile non nebulizzarlo sul viso (fare attenzione a occhi, narici, bocca).
Il consiglio quindi è quello di spruzzarlo ogni sera sulle mani (3 o 4 spruzzate) per poi distribuirlo sul viso  pulito (lavarsi le mani dopo l’applicazione).
Volendo, si potrà procedere ad applicare la propria crema/siero, una volta che l’acqua del prodotto sarà completamente evaporata e la pelle sarà asciutta;
– naturalmente, dopo la doccia, l’autoabbronzante potrà invece essere applicato liberamente con l’erogatore spray sulla pelle asciutta (sempre lontano da zone delicate e mucose);
– visto che andiamo verso la stagione calda, e nei nostri bagni potrebbe formarsi l’effetto sauna, e visto che oltre i 40°C il DHA si può degradare, preferisco conservare il prodotto in frigorifero!
– l’unico piccolo vero inconveniente che ho trovato visto che non c’è profumo, è l’odore caratteristico delle sostanze, che si sente per un po’, come in tutti gli autoabbronzanti del resto.

Lavarsi molto bene le mani subito dopo l’utilizzo …

… se non volete che succeda questo 🙂

 

*****

Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).
 

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pizza di Pasqua al formaggio

Ed ecco qua la mia Pizzona di Pasqua (ben Kg. 1,820 di pizza, peso dopo cotta) secondo una ricetta di Nonno Claudio, presa sul forum di Cookaround (non più attivo).
Ho fatto una dose e ½ rispetto alle dosi suggerite perché avevo uno stampo grande (diam. 26×12), ma forse è meglio attenersi alla ricetta originaria se non si è esperti e si vuole un prodotto più “leggero” e alveolato.

Ecco le mie dosi:
300 g pasta madre solida rinfrescata con farina forte W300
750 g farina 0 bio W300 (di cui 250 per e il resto per l’impasto)
150 g latte intero (130 autolisi, 20 per l’emulsione)
75 g olio e.v.o.
13 g sale
330 g uova (6 uova) – (in una parte degli albumi – circa 130 g – ho sciolto la pms)
195 parmigiano reggiano grattugiato
150 g pecorino romano grattugiato
Unica variante, ho aggiunto l’autolisi con quasi tutto il latte e parte della farina (ho preferito, anche se ho notato che l’autore non lo ha fatto nel suo lievitato).
A questo punto, non avendo più latte, ho sciolto la pasta madre in parte degli albumi delle 6 uova utilizzate.
Per i più curiosi riporto i passaggi infiniti di Nonno Claudio, e le sue dosi originarie, inserendo qualcuna delle mie foto (è una ricetta quasi più lunga delle mie! 😉 ):

“I tempi di esecuzione, al netto della lunga lievitazione finale, sono di circa 8 – 9 ore, e questa segnalazione è importante per regolarci con l’inizio della preparazione al fine di evitare lunghe veglie notturne davanti al nostro forno.
Direi che l’inizio della nostra preparazione potrebbe essere collocato intorno alle 14 per giungere fino alle 23, quando lasceremo la nostra pizza a lievitare tutta la notte.
Per iniziare, alle 14 prendiamo dal frigorifero la nostra pasta madre e la lasciamo a temperatura ambiente per circa un’ora, come è richiesto tutte le volte che vogliamo rinfrescare.
Alle 15 la riprendiamo, togliamo la pellicola superficiale indurita e facciamo un rinfresco per darle la forza giusta, in modo da avere poi a disposizione 200 grammi di p. m. rinforzata.
Io, in contemporanea, procedo a fare un’autolisi con la farina e il latte indicati negli ingredienti, dando una sommaria impastata di circa un minuto, tanto da far inumidire per bene la farina (poi metto in frigo).
Faremo un solo rinfresco, poiché partiamo dalla condizione di essere in possesso di una pasta madre sufficientemente forte, e che comunque, come vedremo successivamente, faremo per il nostro impasto delle pieghe di rinforzo; ma se fossimo in dubbio sulla sua qualità, potremo tranquillamente fare un ulteriore rinfresco portandoli a due, anticipando i tempi iniziali.
In questo caso partiremo da un quantitativo minimo di p.m. ad esempio 40 grammi; con il primo rinfresco , sempre con la regola di una parte di p.m. , una di farina e metà di acqua , otterremo 100 grammi di pasta madre. Con il secondo rinfresco arriveremo invece a 250 grammi, da cui preleveremo i 200 utili per la nostra ricetta.
Il rinfresco normalmente dura dalle tre alle quattro ore, tempo in cui una buona p.m. deve per lo meno raddoppiare di volume. Siamo così arrivati circa alle ore 19.
Riprendiamo la nostra pasta madre rinfrescata e prendiamone 200 grammi che ridurremo a pezzetti
mettendola in una ciotola con una parte del latte (come scritto in precedenza, io l’ho sciolta in parte degli albumi), e precisamente 85 grammi di latte tiepido (non bollente).
Sciogliamola in esso, aiutandoci in questo con le mani, con una forchetta o qualsiasi altro utensile adatto allo scopo.
Personalmente metto p.m. e latte nella macchina del pane con il programma di solo impasto coprendo con carta di alluminio la vaschetta, in modo tale che gli schizzi dovuti al movimento delle palette non sporchino l’interno della macchina, e poi, una volta che la p. m. si sarà sciolta nel latte, aggiungo gradatamente gli altri ingredienti.

Nell’ordine inseriamo le uova amalgamate, l’olio emulsionato con i 15 grammi di latte rimanenti, la farina setacciata (è bene ricordare che in tutte le nostre ricette è comunque sempre bene unire all’impasto la farina dopo averla setacciata) e a metà impasto il sale.
Io inserirò nell’impasto anche la massa latte/farina lasciata in autolisi da almeno 1h prima.  
Lavoriamo l’impasto tenendo presente che manca ancora una componente solida importante, per cui probabilmente otterremo un impasto piuttosto morbido e probabilmente appiccicoso.
Solo a questo punto aggiungeremo il parmigiano e il pecorino, che sono i formaggi caratteristici di questa ricetta ed impasteremo facendo di nuovo amalgamare il tutto fino a quando il nostro impasto non diventerà liscio ed omogeneo.

Chi ha la macchina del pane può essere agevolato perché può impostare il programma di solo impasto e mettere tutti gli ingredienti senza i formaggi; poi, quando il programma è terminato, può farlo ripartire aggiungendo questi ultimi.
Lo stesso dicasi per chi è fornito di una macchina impastatrice.
Comunque io consiglio anche a chi lavora con la macchina del pane o l’impastatrice, al termine del ciclo di impasto, di lavorarlo un po’ anche con le mani, e alla fine dargli la forma desiderata prima di porlo a lievitare.
Se dovessimo avere un impasto troppo morbido e appiccicoso, magari a causa delle farine adoperate, non aggiungiamone altre quantità, ma insistiamo nel lavorarlo aiutandoci con una paletta che ci servirà per infilarla sotto l’impasto e rigirarlo con insistenza sulla spianatoia fino alla consistenza desiderata; basterà poco tempo.
Per quanto riguarda il dosaggio dei formaggi io ho messo le dosi che personalmente preferisco, con una leggera eccedenza del parmigiano rispetto al pecorino,
ma nulla toglie che, nel rispetto della quantità complessiva, ognuno possa variarne le proporzioni a seconda dei propri gusti, per dare più risalto all’uno o all’altro.
Quello che vorrei raccomandare, se ce ne fosse bisogno, è possibilmente di non risparmiare nella qualità dei formaggi, perchè vale sempre il principio che quello che mettiamo nell’impasto poi sicuramente lo ritroviamo nel risultato finale.
Con il nostro impasto formiamo una palla, la poniamo in una ciotola chiusa con pellicola, e la lasciamo riposare per un’ora in ambiente che secondo la solita frase abusata in questa circostanza, deve essere “ tiepido e lontano da correnti d’aria”.
Supponendo un tempo di lavorazione normale di circa un’oretta, (ma ci sarà sicuramente chi saprà fare prima), siamo giunti grosso modo alle 20.
Dopo un’ ora, quindi circa alle 21, riprendiamo il nostro impasto, e accingiamoci a fare per due volte una serie di pieghe di rinforzo, per potenziare il glutine contenuto nell’impasto e facilitare la lievitazione.
Per fare questo mettiamo l’impasto sulla spianatoia, spianiamolo con le mani senza usargli violenza, fino a farlo diventare un rettangolo, e poi facciamo due serie di pieghe a tre in questo modo:
pieghiamo un terzo dell’impasto dal lato più lungo verso il centro; successivamente prendiamo la parte che è rimasta libera e pieghiamola su quella precedente.
Avremo così un altro rettangolo.
Poi facciamo la stessa cosa questa volta con il lato più corto; a questo punto, sempre con delicatezza, arrotondiamo con le mani il nostro pacchetto di impasto con movimenti rotatori (N.C. intende una pirlatura) sulla spianatoia e lasciamo riposare come prima per un’altra ora.

Dopo un’ora, e cioè verso le 22, ripetiamo l’operazione delle pieghe di rinforzo e del riposo.
Alle 23 siamo finalmente pronti per posizionare l’impasto nello stampo.
Dopo aver ripreso l’impasto e averne perfezionato l’arrotondamento con le mani con movimenti circolari sempre nello stesso verso e averlo poi appiattito delicatamente , poniamolo a lievitare nel nostro stampo. Io uso uno stampo per panettoni da un chilogrammo ( residuato dei panettoni di natale e tenuto previdentemente da parte ), con le misure di 17 x 12 centimetri (o 26 x 12, come il mio se fate una porzione e mezza), intendendo diametro di base per altezza.
In questo caso è opportuno mettere al di sotto dello stampo una teglia, per facilitare eventuali spostamenti.
Altrimenti dovremo procurarci uno stampo che grosso modo rispecchi lo stesso volume, che imburreremo prima di inserirvi l’impasto.
La temperatura di lievitazione si dovrebbe aggirare intorno ai 28°, per cui dovremo scegliere un luogo adatto che si avvicini a questa condizione, spesso individuato nel forno eventualmente con lucetta accesa.
Quanto dovrà durare la lievitazione?
Di norma dalle 7 alle 9 ore, comunque per uno stampo simile a quello utilizzato da me, fino a quando la pizza non sarà arrivata al bordo.
Nella mia esperienza si è trattato quasi sempre di circa 9 ore.
Avendo iniziato la lievitazione intorno alle 23,30 alle 7 del mattino successivo ho anche provveduto a inserire nell’ ambiente in cui avevo messo la pizza a lievitare, un pentolino di acqua bollente per la spinta finale.
 
Poi inforneremo, per i più temerari dopo aver eventualmente spennellato la superficie con un uovo sbattuto, a forno caldo a 200° mettendo all’interno un contenitore con acqua per facilitare l’umidità,
per circa 50 minuti, facendo sempre e comunque la prova dello stecchino.
La posizione nel forno è centrale, facendo attenzione che durante la cottura la pizza potrà lievitare ulteriormente, e quindi attenzione a non metterla troppo vicino alla superficie superiore del forno.
Se durante la cottura ci accorgeremo che la superficie della pizza si sta scurendo eccessivamente, la copriremo con un foglio di carta argentata, eventualità che per altro a me non si è mai verificata.
A metà cottura, quindi dopo una mezzora per non compromettere la lievitazione, io ruoto di 180° lo stampo, perché il mio forno cuoce leggermente di più nella parte più interna .
A cottura ultimata toglieremo la pizza dallo stampo ( a meno che non abbiamo usato quello dei panettoni ) e lasciamo raffreddare su una griglia.
La pizza risulterà più buona se non mangiata immediatamente ma il giorno dopo ( se ce la fate a resistere) e la sua conservazione avverrà in un sacchetto di plastica per alimenti ricordando che comunque noi realizziamo sempre prodotti eccellenti ma senza conservanti, per cui il loro mantenimento è sempre abbastanza limitato nel tempo; io mi limiterei ad una settimana.
Se poi vogliamo fare la nostra pizza in anticipo rispetto alla Pasqua, possiamo tranquillamente riporla nel congelatore e consumarla a tempo debito”.
… e Buona Pasqua!
Ricetta del 23-02-2011
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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Involtini di Cavolo e Carne Tritata

Partiamo da loro …
🤔

Liscio (Cavolo Cappuccio)   o   Riccioluto (Cavolo Verza) ???

Ho fatto questi ottimi involtini indifferentemente “lisci” o “ricci” e, prima che finisca la stagionalità di questa sana verdura, non perdiamoci questa ricetta di Involtini di Cavolo e Carne Tritata.
Ingredienti per una dozzina di involtini:
300 gr di carne trita (ultimamente ho utilizzato 3 burger grass fed da 100 grammi l’uno)
12 foglie di cavolo verza
pangrattato
albume in brik
parmigiano e/o pecorino
latte
aglio e prezzemolo
no sale (alcuni degli ingredienti utilizzati hanno già sale a sufficienza)
vino bianco per sfumare
aglio, olio, peperoncino

Procedimento semplicissimo
Ho prima scottato per un minutino le foglie di cavolo in acqua bollente per farle intenerire con l’aggiunta di un po’ di succo di limone per evitare il caratteristico odore (ma possono essere utilizzate crude).
Ho quindi preparato il composto di trito da inserire negli involtini, così come di mio gusto (come per fare le polpette per intenderci; questa volta ho messo pangrattato, albume in brik, formaggi, poco latte per ammorbidire il composto, aglio e prezzemolo), tanto da avere all’incirca il doppio del composto rispetto alla carne (se ne dovesse restare, si può sempre cuocere un piccolo polpettone insieme agli involtini).
Ho quindi avvolto un po’ di carne all’interno di ciascuna foglia.
Ho deposto gli involtini nell’olio caldo dove ho messo prima a rosolare aglio e peperoncino.
Una volta rosolati da tutte le parti, ho sfumato con vino bianco secco.
Evaporata la parte alcolica ho coperto e lasciato cuocere per 30-40 minuti capovolgendo delicatamente gli involtini a metà cottura (una 20ina di minuti in più se si utilizzano foglie crude).
Soprattutto nel caso di foglie crude, prevedere eventualmente poca acqua calda da aggiungere in cottura.

Scottando inizialmente le foglie si può avvolgere più facilmente l’involtino con dentro la carne tritata,

.. sia che esso sia liscio (a forma allungata), che riccio (a fagottino) 😉

Se invece si preferisce cuocere il cavolo da crudo, ci si può aiutare con del filo o degli stecchini per agevolare la chiusura degli involtini.
Occorrerà soltanto battere un po’ la parte più coriacea della foglia per un migliore arrotolamento.