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LIEVITI e lieviti

Gestione lievito naturale solido in acqua (mia versione)

Per prima cosa sarebbe opportuno un corso sul mantenimento in acqua alla piemontese della pasta madre solida, in particolare col metodo messo a punto dal M° Rolando Morandin.
Ci sono altri metodi, ma intanto ho provato questo sulla mia pelle, anzi sulla mia prima colomba pasquale ben riuscita, e funziona!

Visto il lungo periodo di pandemia che ci ha colpiti ormai da più di un anno a livello mondiale e che ha interrotto inizialmente i corsi in presenza in molti paesi (R. Morandin non ha organizzato corsi online) ho cercato di reperire più informazioni possibili su questo metodo, frequentando assiduamente la fanpage di Facebook del grande pasticciere e maestro lievitista.

Mi scuso pertanto se lo scritto che segue non è completo e/o potrebbe essere integrato da molte altre informazioni.

Molto di quanto ho scritto l’ho reperito anche da questa schermata di una pasticciera che mi ha aiutato molto e che ha seguito corsi del Maestro, molto disponibile nel supportare, nella fanpage Morandin, chi voglia avvicinarsi a questo metodo.

Da quanto si legge sotto, si potrà notare che la stabilità delle temperature in questo caso è molto importante.

Io, per comodità ho fatto fare ad un amico questa bellissima cella di lievitazione caldo/freddo che mi aiuterà anche per le mie lunghe lievitazioni, bighe, ecc.

RINFRESCO GENERICO QUOTIDIANO DI MANTENIMENTO – OGNI 24 ORE CIRCA

  • Bagno in acqua di 20 minuti circa dopo aver tolto la crosta che si è formata:
    – strizzare l’impasto e formare una sorta di polpettine appiattite e immergerle in acqua a 38°C col 2‰ di zucchero (2 gr per litro di acqua); in questo bagno il lievito dovrebbe venire a galla in circa 10 minuti.
  • Rinfresco 1:1:0.3 ovvero pari quantità di lievito e farina e 30% di acqua sul peso della farina a 30°C (è consigliata una farina relativamente forte, ma non fortissima, di tipo 00 per via degli enzimi/fibre che ostacolerebbero il giusto processo; pazienza, io preferisco una tipo 0).
    La percentuale d’acqua che di solito viene utilizzata al 45-50% quando si fa un rinfresco al lievito gestito in maniera “libera”, con questa gestione scende al 30% in quanto il lievito esce già gonfio d’acqua dal bagnetto.
    Quindi in questo caso l’impastino richiede meno acqua del solito.
    Esempio 50 lievito + 50 farina + 15 acqua a 30°C.
    Sciogliere prima bene la pasta madre con l’acqua dovuta e poi aggiungere la farina.
    Impastare bene (a mano o a macchina), poi tirare l’impasto a matterello ripiegandolo più volte, rendendolo liscio, portandolo a circa 1 cm di spessore, e cilindrarlo/arrotolarlo serrando bene per non farlo srotolare subito (per serrare meglio inumidire appena la lastra di impasto prima dell’arrotolamento e pizzicare bene la chiusura).
    Questa lavorazione rinfrescherà e riporterà il lievito alla temperatura ottimale.
    Adagiare  questo rotolino in un contenitore a misura, con acqua fredda di rubinetto (lascio riposare l’acqua per qualche ora per eliminare il cloro) mantenendo a temperatura ambiente a 18-20°C fino all’indomani.
    L’impasto dovrà essere completamente immerso e coperto tutto intorno da almeno un dito d’acqua.
    In questa acqua il lievito dovrebbe venire a galla in 1 ora circa se l’acqua è intorno ai 21°C; ci metterà di più se l’acqua è più fredda.

Sarebbe bene procedere ai rinfreschi quotidianamente, ma in caso di impedimenti o pause per ferie, dopo il solito bagnetto provare a rinfrescare almeno al doppio/triplo della farina rispetto al lievito, col 30-35% di acqua rispetto alla farina, questa volta fredda, e trasferire subito in frigo (YleBeat fa così).
Poi chiudo col mio sistema “a matriosca” in un grande doppio contenitore, per evitare al massimo le eventuali spore negative del frigo, ma facendo in modo che tutto intorno al primo contenitore ci sia molta aria.

RINFRESCHI PREPARATORI PER GRANDI LIEVITATI, DA EFFETTUARE CON LA STESSA FARINA DEL GL PER 5 GIORNI, ma anche soli 3 giorni totali possono andare se il lievito è già in ottimo stato e “spinge” molto.

Bagnetti mai più di una volta al giorno, e comunque attualmente ne sto facendo soltanto al bisogno (quando tolgo dal frigo il lievito o, naturalmente, quando sono a ridosso dei rinfreschi preparatori).

Giorni nr. 1-2
Di prima mattina, dopo il bagnetto solito, rinfrescare una sola volta al giorno, con rapporto 1:1:0,3 come descritto nel mantenimento quotidiano, ma con la stessa farina del GL.

Giorno nr. 3
Si potrebbe procedere come nei giorni precedenti (regolarsi come nei giorni nr. 1 e 2), oppure dare una sferzata al lievito e fare tre rinfreschi, simulando di andare in produzione (regolarsi come nel giorno nr. 5).

Giorno nr. 4 (penultimo giorno prima dell’impasto)
Di prima mattina, dopo il bagnetto solito, rinfrescare una sola volta nella giornata, con rapporto 1:1:0,3 come descritto nel mantenimento quotidiano, ma con la stessa farina del GL.

Giorno nr. 5 (o comunque ultimo giorno dedicato ai 3 rinfreschi e al primo impasto del grande lievitato).
Appena possibile al mattino (a distanza massima di 22-24 ore dal rinfresco precedente) procedere al primo dei 3 rinfreschi, così:

  • 1° rinfresco
    dopo aver tolto la crosticina superiore, solo per questo primo rinfresco, fare il bagno solito;
    rinfrescare poi 1:0,9:0,3 con acqua a 30°C;
    lavorare e laminare/cilindrare l’impasto in modo che torni a t.a.;
    adagiare il panetto in acqua a 24-26°C e in cella di lievitazione a 30°C per 3 ore;
  • 2° rinfresco
    togliere la poca crosticina e rinfrescare 1:0,9:0,4 con acqua a 30°C.
    Qui rinfreschamo con un po’ più d’acqua visto che non abbiamo fatto il bagno preliminare e quindi l’impastino ne ha assorbita di meno.
    Esempio: 50L+45F+18A;
    lavorare e laminare/cilindrare l’impasto in modo che torni a t.a.;
    Adagiare il panetto in acqua a 24-26°C e in cella di lievitazione a 30°C per 3 ore;
  • 3° rinfresco – come il secondo
    … e dopo le 3 ore in cella …
  • Procedere finalmente al PRIMO IMPASTO DEL GRANDE LIEVITATO.
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DOLCI

Olive candite

A metà del gennaio scorso ho avuto la fortuna di avere in regalo un piccolo sacchetto di olive appena colte dall’albero, al culmine della loro maturazione.

La qualità forse è la Moraiolo e comunque, nella zona di raccolta in Ciociaria, vengono denominate Marroncine.

Mi è venuta l’idea delle olive candite quando ho saputo del Panterrone di Antonio Cera (Forno Sammarco di S. Marco in Lamis), premiato fin dal 2014, e negli annali del Gambero Rosso come panettone che ricorda la terra e i suoi prodotti.

L’ho appositamente acquistato per poterlo assaggiare, insieme ad altri splendidi prodotti pugliesi: il sapore delicato ma inedito, mi ha spinto a fare delle prove per i miei futuri Grandi Lievitati (per adesso ho provato a fare soltanto una già soddisfacente Colomba Terrona).

Non trovando altre indicazioni in rete, inizialmente ho preso spunto dalla simpatica Mirella di questo blog, modificando poi il procedimento secondo alcune letture sulla canditura all’italiana di R. Morandin, L. Di Carlo e quella tramite essiccatore secondo lo Chef Paolo Dalicandro.

Ho impiegato “soltanto” 4 giorni per portare le olive ai canonici 70-72°Brix.

INGREDIENTI
400 g olive denocciolate – pesate dopo l’ebollizione
800 g acqua – il doppio rispetto alle olive
800 g zucchero – il doppio rispetto alle olive
40-60 g di destrosio bio in polvere 30DE da amido di frumento
Acqua necessaria per lo sciroppo finale de-cristallizzante
Buccia esterna fine di mezza arancia.

PROCEDIMENTO
Per prima cosa ho lavato le olive e le ho messe a scolare.

Naturalmente, vista la consistenza abbastanza tenera delle olive, a differenza di altri tipi di canditura, non ho voluto pre-congelare, né bucherellare i “frutti” o drupe.

Ho denocciolato usando l’apposito attrezzo, usando i guanti usa e getta per evitare di annerirmi le mani.

Dopo averle denocciolate ho risciacquato a lungo le olive sotto l’acqua corrente.

Ho portato a ebollizione una pentola con l’acqua e ci ho versato le olive.

Una volta ripreso il bollore ho fatto cuocere per non più di 2-3 minuti.
Ho scolato bene, pesato e messo da parte.

Intanto, su uno spartifiamma sul fornello, ho preparato uno sciroppo pari peso di acqua/zucchero.
Una volta pronto lo sciroppo l’ho versato bollente sulle olive.

Come copertura ho adattato un cestello forato e ho posizionato tutto all’interno del mio essiccatore a 40°C, continuativamente, controllando di giorno in giorno col mio rifrattometro i gradi brix raggiunti.

Nei 4 giorni circa impiegati per la canditura ho rabboccato soltanto un paio di volte lo sciroppo in quanto stava scarseggiando.

Come fare?
Aggiungendo una congrua dose di acqua/zucchero analoga ai gradi brix raggiunti.

Esempio: se il rifrattometro indica 65°Bx e volessimo 200 grammi circa di sciroppo aggiuntivo, dovremo portare in ebollizione una piccola dose composta da 130 grammi di zucchero e 70 grammi di acqua.

Se non si avesse il rifrattometro, ma consiglio di acquistarlo (è pure divertente giocare al “piccolo chimico”), una volta che sulla superficie dello sciroppo di acqua/zucchero si sarà formato un velo – la cosiddetta “pelle d’aglio” – la canditura è pronta.

Alla fine delle operazioni di canditura ho preso la dose di sciroppo acqua/zucchero sufficiente a coprire i due barattoli di vetro.

Poi, a parte ho preparato ulteriore sciroppo col destrosio, ricostituendolo e portandolo a ebollizione con acqua fino ad arrivare ai 70°Bx.

Questa piccola porzione aggiuntiva potrà essere del 30% circa rispetto allo sciroppo semplice acqua/zucchero di canditura, fungerà da de-cristallizzante ed eviterà che lo zucchero “granisca” in fretta.

C’è chi dice di metterne soltanto il 10-15% (L. Di Carlo), chi il 60% (R. Morandin).
Probabilmente la differenza è soltanto dettata dalla durata/conservazione che si vorrà dare ai propri canditi. 

Non ho provato, ma se ad esempio si useranno i canditi entro una settimana e si “annegheranno” bene (con un pressello) nel semplice sciroppo acqua/zucchero, potrebbe essere evitato lo sciroppo aggiuntivo de-cristallizzante.

Ho quindi sanificato i barattoli, li ho riempiti con le olive e i due sciroppi, ho avvitato per bene con dei coperchi clic-clac sanificati, ho frapposto fra i due barattoli dei teli di stoffa nella pentola colma d’acqua per non farli rompere, e ho sterilizzato per 30-40 minuti da inizio bollitura.

Una volta raffreddata un po’ l’acqua ho potuto prelevare i barattoli e li ho posizionati coperti a testa in giù fino a completo raffreddamento e fino a creare il sottovuoto (non si deve più sentire il fatidico clic-clac!).

L’IDEA IN PIU’
Limitatamente al solo sciroppo di acqua/zucchero (quello senza sciroppo de-cristallizzante di destrosio per capirci) è possibile riportarlo alla sua natura solida, approfittando dell’essiccatore usato per la canditura.

Ci vorranno parecchie ore, ma l’ho riutilizzato con soddisfazione proprio nella mia Colomba Terrona di cui parlo sopra (a breve la ricetta).
Eccolo nelle sue varie fasi (mescolarlo di tanto in tanto durante l’essiccazione).
Una volta diventato quasi come zolle di terra l’ho passato nel bimby, poi l’ho fatto asciugare ancora e l’ho quasi tutto reso addirittura a velo (la parte meno fine ci zucchero il caffè!).